General

Lisa Mazzi: Donne mobili l’emigrazione femminile dall’Italia alla Germania (1890-2010)


di Milena Rampoldi, ProMosaik e.V. Qui di seguito trovate la recensione di Gherardo Ugolini sul testo di Lisa
Mazzi, intitolato Donne mobili l’emigrazione
femminile dall’Italia alla Germania (1890-2010)
, Cosmo Iannone, Isernia
2012. Trovo che il tema della migrazione debba essere anche discusso come tematica femminista. Le donne sono la spina dorsale dei gruppi sociali di tutto il mondo. E va riconosciuto quello che hanno fatto e il modo in cui hanno contribuito al benessere delle generazioni future, come donne e anche come madri, tra viaggio e fuga.
Venditrici ambulanti, musicanti, tessitrici,
braccianti, operaie, casalinghe, e naturalmente anche mogli e madri; in tempi
più recenti architette, docenti, ricercatrici universitarie, attrici, libere
professioniste, qualcuna perfino manager. Un tempo partivano per seguire il
marito, ma sempre più spesso lo fanno per propria autonoma iniziativa, per
amore o per cercare fortuna. È dall’inizio dell’Ottocento che si hanno tracce
di emigranti donne partite dall’Italia verso la Germania: un fenomeno che è
continuato in forme sempre diverse fino ad oggi. Dell’emigrazione italiana nel
mondo si sa molto ormai, ma poco si è scritto sulla partecipazione delle donne.
Meno ancora si è detto dei cambiamenti sostanziali di vita e di cultura che le
donne espatriate hanno dovuto affrontare nelle nuove realtà. In particolare una
storia dell’emigrazione femminile in Germania finora non era stata scritta, pur
essendo stato questo tema nel recente passato oggetto di discussioni,
contributi e congressi.

A sopperire la
lacuna ci pensa ora il volume scritto da Lisa Mazzi e intitolato Donne mobili l’emigrazione femminile
dall’Italia alla Germania (1890-2010)
, uscito presso l’editore Cosmo
Iannone di Isernia, nella serie dei “Quaderni delle migrazioni” diretti da
Norberto Lombardi (www.cosmoiannone.it).
Ci racconta in modo avvincente e suggestivo le turbolente vicissitudini delle
donne italiane emigrate in Germania nel corso dei decenni alternando parti
storiche accuratamente documentate con il racconto di singoli casi esemplari.
 
L’autrice è lei
stessa una “donna mobile”: originaria di Modena, si è trasferita in Germania attorno
alla metà degli anni Settanta dopo essersi laureata in Lingue e letterature
straniere moderne a Bologna e dopo un’esperienza di insegnamento liceale in
Italia. Per molti anni è stata docente al Dipartimento di Linguistica Applicata
dell’università del Saarland. Per la sua ricerca sull’emigrazione femminile in
Germania, soprattutto l’800 e per l’emigrazione controllata durante il periodo
dell’Asse Roma-Berlino, ha potuto reperire documenti e dati avvalendosi della
collaborazione di varie istituzioni quali il Centro di documentazione
migratoria di Bedonia nell’Appennino parmense, la chiesa della Sacra famiglia a
Berlino, l’archivio storico di Magdeburgo e quello della Caritas di Friburgo.
 
Ma quando comincia
l’emigrazione al femminile in Germania? Le prime tracce risalgono a metà ’800,
quando intere famiglie si trasferivano soprattutto al Nord della Germania con
il loro “circo famigliare”, con cani, scimmie (da qui il termine Affentheater) e anche orsi. Molti
documenti e fotografie ne fanno prova. In quell’epoca il settore femminile per
eccellenza era quello tessile nel Sud della Germania. E per quanto concerne
l’emigrazione stagionale non vanno dimenticate le fornaciaie friulane reclutate
dai mediatori e sfruttate all’inverosimile. Nel corso del tempo si sono
verificati enormi cambiamenti rispetto alla posizione della donna nel contesto
migratorio, ma è possibile riscontrare una costante: la donna nell’emigrazione
ha sempre avuto un ruolo attivo, cioè ha sempre lavorato, o nelle fabbriche
(sopratutto tessile o materiali da costruzione) oppure in casa, come nelle zone
minerarie della Ruhr, dove faceva “pensione” per i minatori venuti in Germania
senza moglie. Quello che è radicalmente cambiato è lo stato sociale: oggi le
donne emigrate dispongono di una cultura medio-superiore, hanno una maggior
consapevolezza di sé e si considerano appartenenti all’Europa oltre che ad un
singolo stato.
Lo “specifico femminile” delle donne
migranti può essere definito attraverso due parole chiave: il “viaggio”, inteso
come profonda ricerca del proprio io, un desiderio di apprendere attraverso
l’ambiente estraneo qualcosa di più di se stesse, e la “fuga”, cioè
l’impossibilità di fare diversamente, vuoi per sfuggire alla miseria, vuoi per
poter vivere una dimensione della propria vita che altrimenti non poteva essere
vissuta. E il risultato costante di entrambe è l’emancipazione, uno sviluppo
delle proprie potenzialità.

Dalla
ricerca di Lisa Mazzi emergono con chiarezza alcuni fattori importanti. Innanzi
tutto il dato di fatto che è esistita in passato ed esiste a maggior ragione oggigiorno
un’emigrazione femminile “indipendente”, vale a dire non al seguito del marito
o per ricongiungimento famigliare. Un altro punto è che la Germania in tutte le
epoche storiche ha richiesto manodopera femminile, anche se spesso l’Italia per
motivi d’ordine sociale ha posto veti all’esodo delle donne. Un terzo aspetto
da sottolineare è il mutato atteggiamento delle autorità tedesche nei confronti
dell’emigrazione: negli ultimi anni si registrano un’attenzione e un
riconoscimento che in passato erano inconcepibili.