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Le periferie contro il golpe in Brasile.

di frontierenews, 30 Marzo 2016

Il manifesto di
oltre 400 movimenti sociali attivi nelle periferie e nelle favelas
contro la deriva giustizialista a favore dell’impeachment che rischia di
piegare il paese
.

perifa

Un insieme
di oltre 400 tra movimenti sociali, collettivi culturali, reti,
organizzazioni della società civile attivi nelle periferie e nelle
favelas di varie città brasiliane hanno lanciato a San Paolo, lo
scorso 22 marzo, un manifesto che richiama a una campagna di
mobilitazione contro il “golpe” promosso da forze politiche
reazionarie, da settori della magistratura, dell’imprenditoria e
dei media.

La campagna
“Periferie contro il golpe
” non ha leader riconosciuti e non
si riconosce in alcun specifico partito politico.
Non difende
il partito di governo, il Partido dos Trabalhadores (PT), di
cui denuncia le troppe contraddizioni e che, accusa: “Ci ha
concesso solo le briciole mentre stringeva alleanze con chi ci
sfrutta”.
Allo stesso
tempo si schiera esplicitamente contro chi è sceso in piazza a
favore dell’impeachment della presidente Rousseff e protestando
“contro la corruzione” (causa giusta, ma sostenuta solo in nome
di interessi privati).
La via
d’uscita dalla crisi democratica e sociale del paese, la conquista
di una democrazia effettiva, affermano, non può che passare
“attraverso l’allargamento dei diritti e delle conquiste del
nostro popolo nero, povero e delle periferie, da sinistra e dal basso
verso l’alto”.
Periferie,
vicoli, case popolari, baracche… ti starai domandando cosa c’entri
tu con tutto questo”
Noi,
abitanti delle periferie, che non stavamo dormendo mentre il “gigante
si svegliava” (ndt. il riferimento è alle grandi manifestazioni di
piazza del 2013), siamo qui per recapitare ai fascisti un messaggio
forte e chiaro: siamo contro a questo nuovo golpe che è in corso e
che ci riguarda direttamente!
Noi, che
non difendiamo questo governo del PT e che denunciandone
continuamente le contraddizioni, un governo ci ha lasciato solo le
briciole mentre stringeva alleanze con coloro che ci sfruttano. Noi,
che ci rifiutiamo di camminare fianco a fianco con chi rappresenta la
“Casa Grande” (ndt. così veniva chiamata dagli schiavi la
casa dei signori bianchi)
Noi, donne
e uomini delle periferie, da sempre in lotta. 
Noi, che siamo
discendenti di Dandara e Zumbi, sopravvissuti al massacro dei nostri
antenati neri e indigeni, figlie e figli del nord-est, delle mani che
hanno costruito le grandi metropoli e hanno cresciuto i figli dei
signori. (ndt. Lo schiavo guerriero Zumbi e Dandara, sua
moglie, sono eroici personaggi storici, simboli della lotta
degli afro brasiliani contro il razzismo e la discriminazione
razziale. 
Si ribellarono ai padroni portoghesi ed olandesi
e formarono a PALMARES la prima comunità (Quilombo) di schiavi
liberi, indipendenti e resistenti)
Noi, che
siamo ai margini dei margini dei diritti sociali: istruzione, casa,
cultura, salute.
Noi, che
siamo parte di movimenti sociali nati prima dei partiti politici
nella lotta per i diritti basilari: luce, acqua corrente, strade
asfaltate e bambini iscritti a scuola.
Noi,
che lottiamo per garantirci  un tetto e conquistarci
un pezzo di terra, tra latifondisti e speculatori che negano il
nostro diritto alla casa e distruggono l’ambiente e le risorse
naturali, al fine di trarne profitto.
Noi,
sballottati per tre, quattro ore al giorno, schiacciati in treni e
corriere affollate, affrontando le grandi distanze che separano le
nostre case dai centri economici, dai centri ricreativi, dai “centri
del mondo”.

Noi, che
resistiamo ogni giorno con l’arte dell’arrangiarsi – creatività
e solidarietà. 
Noi che facciamo teatro sulle dighe, cinema nei
garage e poesia alla fermata dell’autobus.
Noi, che ci
ammaliamo e soffriamo nei pronto soccorso e ospedali senza barelle,
senza medici e né farmaci.
Noi, che
rafforziamo la nostra fede in giorni migliori con i nostri fratelli,
nelle chiese, nei culti evangelici, nei “terreiros” (ndt. luoghi
di culto di matrice africana ), con o senza Dio nel cuore,
coerenti nella nostro cammino.
Noi,
domestiche, ora con i documenti in regola. 
Noi, venditori ambulanti
che lavoriamo dall’alba fino al tramonto per tirare a campare. 
Noi,
operaie e operai, che continuiamo a ricevere i salari più bassi e
sentiamo sulla pelle la crisi economica, la disoccupazione e
l’inflazione.
Noi, che
negli ultimi anni siamo entrati nelle università, mettendo il piede
in mezzo alla porta, a testa alta, orgoglio nel petto e prospettive
all’orizzonte.
Noi, che
occupiamo le nostre scuole senza refezioni (ndt. il riferimento è al
recente “scandalo delle mense scolastiche” di San Paolo che vede
implicati politici di spicco), e senza strutture adeguate
all’insegnamento e all’apprendimento. 
Noi, insegnanti che
crediamo nella scuola pubblica e non rimaniamo in silenzio e parliamo
di genere, di sessualità, di storia africana e indigena – anche se
vorrebbero impedircelo.
Noi, messi
all’indice come il problema della società, gli arrestati e
incarcerati a 18, 16, 12 anni, come vogliono i deputati del nostro
Parlamento.
Noi, che
continuiamo a veder violati  i nostri diritti da parte dello
Stato, picchiati e umiliati dalle forze dell’ordine, condannati
senza essere giudicati, imprigionati, dimenticati, se non addirittura
uccisi – e ancora dicono: “un bandito di meno”.
Noi, donne
nere, carne a buon mercato, che subiamo violenze domestiche,
lavorative, ostetriche e giudiziarie, e piangiamo i nostri figli
sterminati dagli agenti dello Stato.
Noi, gay,
lesbiche, bisessuali, travestiti, uomini e donne transgender che
affrontano la violenza e l’invisibilità, e non accettiamo di
ritornare a nasconderci.
Noi che non
accettiamo la nostra storia raccontata da media che non ci
rappresentano e lottiamo per il diritto alla comunicazione.
Noi, che
stiamo costruendo con le nostre voci, le nostre proprie narrazioni:
poesia parlata, cantata, scritta.
Noi, sempre
presenti nelle piazze, nelle reti, nei consigli comunali, sempre col
fiato sul collo dei politici di turno e che adesso siamo etichettati
come terroristi a causa delle nostre lotte. (ndt. il riferimento è
alla recente legge anti-terrorismo voluta dalla presidenza della
Repubblica)
Noi, che
abbiamo addirittura imparato a scrivere le leggi per continuare a
lottare per i nostri diritti.
Noi, che ci
siamo conquistati coi denti quel minimo di ascolto da parte di chi
occupa posizioni di potere, non accettiamo di fare neanche un passo
indietro.
Noi, che
siamo di varie periferie, manifestiamo contro il colpo di stato
promosso dai politici conservatori, uomini d’affari, senza nessun
interesse per le persone e contro i media manipolatori.
Nessun
compromesso con chi scende in piazza con la maglietta gialla (ndt.
della nazionale di calcio) con discorsi di odio, fascisti, sostenendo
la giusta “lotta alla corruzione”, ma motivata da interessi
privati.
Nessun
compromesso con chi  difende la violazione della legalità
beneficiando così solo parte della popolazione, in cambio di un
indebolimento dello Stato democratico di diritto per il quale noi dei
movimenti sociali abbiamo combattuto ieri e continueremo a combattere
oggi e domani.
Noi, che
sappiamo che la vera democrazia sarà effettiva solo con
l’allargamento dei diritti e delle conquiste del nostro popolo
nero, povero e delle periferie, da sinistra e dal basso verso l’alto.
Noi, che
abbiamo conquistato solo una parte di ciò che sogniamo e di cui
abbiamo diritto, noi non ammettiamo nessuna retrocesso.
Rivendichiamo
la sovranità delle urne e il mantenimento dello stato di diritto
democratico.
Rivendichiamo
le piazze come uno spazio di dialogo, di dibattito e di pratica
politica, ma mai come territorio di odio.
Rivendichiamo
la nostra libertà di espressione, sia essa ideologica, politica o
religiosa.
Rivendichiamo
la smilitarizzazione della polizia, della politica e della vita
sociale.
Rivendichiamo
il progresso delle politiche pubbliche, dei diritti civili e sociali.
Non ci sarà
il golpe. Non ci sarà lutto. Ci sarà lotta!