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La poesia del giorno.

di
Redazione Italia, 29 Marzo 2016
Aspettando
le vesti.

Il giorno che i dottori e le infermiere
hanno
i loro colloqui settimanali coi pazienti,
siedo aspettando il mio
turno fuori dello studio,
schiena al muro, gambe raccolte sotto il
mento,

giocando con il lembo della mia camicia bianca
da
ospedale.


Hanno
preso ogni cosa che a loro giudizio
doveva esser presa – le mie
vesti, i miei libri,
la mia musica, come se venir
spogliata
facesse parte della cura, come rimuovere il fodero
da
una lama che ha fatto strage.

Hanno
detto: aspetta qualche giorno, e se fai la
brava
potrai riavere
le tue cose.
Avevano
preso
il mio diario, la mia parola fatta carne, e penso
a
questi dottori che mi conoscono nuda,
mi tengono per la spina
dorsale, due dita
sotto il collo, come si tiene un bimbo,

mi
cavano l’anima dalle costole,
sfogliano le pagine dei miei
pensieri,
come se mi leggessero la mano,
il mio nome sotto di
loro come una confessione,

che sono padroni di questa ragazza,
che rivendicano
questo mondo di oscurità, leggerezza, morte
e
nascita. È nelle loro mani come una sagola di
salvataggio,
e
io mi sento in caduta libera o a pezzi.

Sentono la mia voce
mentre leggono
e pensano: Chi è questa ragazza che parla?
Io
conosco la fine, a loro lo dice lei.
È l’ultima riga, sia
sorgente che termine.

È ciò per cui gli oceani cantano, come
si muove

il
sole,
un luogo per i cartografi dove cominciare.
Dietro
la porta, niente è detto.
Come sogni, le mie vesti escono dalle
scatole.
(
Leanne O’Sullivan )