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Honduras: i movimenti sociali sotto il tiro dello stato.

di Redazione Italia, labottegadelbarbieri, 25 Marzo 2016
Nelson
García
, uno dei maggiori esponenti del
Copinh (Consejo Cívico
de Organizaciones Populares de Honduras) è stato ucciso il 15 marzo,
a meno di dieci giorni dall’omicidio di Berta
Cáceres
.


In
Honduras i movimenti sociali sono da tempo sotto attacco e lo stato
non ha nemmeno la decenza di fingere indignazione per l’assassinio
di una delle più conosciute attiviste non solo del paese, ma a
livello mondiale.


I
mandanti dell’attacco armato che è costato la vita a Nelson García
e Berta Cáceres si annidano tra i palazzi del potere honduregno,
dove risiedono alcuni dei più pericolosi sicari del paese,
proprietari terrieri, signori dell’agrobusiness e uomini in giacca
e cravatta arrivati fin lì grazie al sostegno delle transnazionali,
ma anche con l’aiuto di Washington, e di Hillary Clinton in
particolare, tra i principali artefici del colpo di stato di fine
giugno 2009 che costò la presidenza a Manuel
Zelaya
.
2 marzo 2011: Soldati honduregni controllano le strade di San Pedro Sula. (Orlando Sierra / AFP / Getty Images)
Nelson si
era battuto per evitare lo sgombero delle terre del Río Lindo,
effettuate dalla polizia militare su ordine della multinazionale di
turno. 
Per Berta Cáceres e Nelson García l’indignazione
sulla stampa internazionale è durata lo spazio di un mattino, così
come non c’è stata alcuna levata di scudi per Gustavo Castro Soto,
attivista di Otros Mundos Chiapas che si trovava con Berta al
momento dell’aggressione mortale contro la leader del Copinh.

Castro Soto è rimasto ferito, è costretto a rimanere
all’interno dell’ambasciata messicana a Tegucigalpa e gli viene
rifiutata l’autorizzazione a ripartire per il suo paese. 
Le autorità honduregne hanno
deciso di trattenerlo, convinte di poter incastrare Castro Soto e
dimostrare una sua relazione con Berta Cáceres. 
A quel punto, il governo honduregno percorrerebbe la strada del
delitto passionale e il gioco sarebbe fatto, con l’assassinio di
una delle più stimate attiviste del paese derubricato ad omicidio da
quattro soldi. 
Fondato dalla stessa  Berta Cáceres agli inizi degli anni
Novanta, il Copinh è sempre stato sotto il fuoco dell’oligarchia
honduregna, soprattutto a partire dal colpo di stato. 
La difesa dei diritti dei lenca e dei beni
comuni, la denuncia dei progetti di estrazione mineraria e l’accusa,
rivolta al presidente Juan Orlando Hernández e ai suoi predecessori,
di aver ridotto il paese ad una sorta di colonia al servizio delle
multinazionali, fanno capire bene i motivi per cui il Copinh è
inviso al potere. 
Purtroppo, gli omicidi di 
Berta Cáceres e Nelson García non sono stati i primi e non saranno
gli ultimi. A novembre 2015 aveva fatto scalpore l’attentato che è
costato la vita a Vidal Leiva, esponente di Ofraneh
(Organización Fraternal Negra Hondureña), altra organizzazione
sociale impegnata a difendere il territorio garifuna dalla svendita
del territorio alle imprese straniere nell’ambito del progetto
neoliberista delle Zonas de Empleo y Desarrollo (più conosciute
sotto il nome di “città modello”), varato dall’esecutivo.
Ofraneh e
Comité de Defensa de Tierras indagavano sulla vendita illegale della
terra alle imprese straniere con la complicità delle autorità
municipali e statali. 
E ancora, in un paese ormai nelle mani di una
minoranza che considera l’Honduras come di esclusiva proprietà,
preoccupa la crescente militarizzazione, peraltro mai interrotta a
seguito del colpo di stato. 
Negli ultimi mesi le Forze Armate hanno assassinato
sei giovani garifuna. 
Le denunce per violazioni dei diritti umani, torture e
maltrattamenti a carico dei militari non si contano più, ma il
governo continua a liquidarli come fatti isolati. 
Juan Orlando Hernández crede che
i militari rappresentino la soluzione ad ogni tipo di problema e per
questo motivo si trovano ovunque, dai centri commerciali alle scuole. 
Nel solo 2015 sono stati spesi milioni di
dollari in materia di sicurezza, tuttavia l’insicurezza regna
sovrana nel paese.
Inoltre, se davvero i militari avessero come unica funzione quella di
difendere la popolazione, forse Berta Cáceres, Nelson García e
tutti i militanti dei movimenti sociali caduti per un Honduras più
giusto, solidale e libero dallo sfruttamento sarebbero ancora in
vita. A testimonianza che il paese rimane una colonia nelle mani
delle transnazionali e degli Stati Uniti, ci sono i cosiddetti
Programas de asistencia en seguridad, recentemente rinnovati
dal nuovo ammiraglio alla guida del Comando Sur degli Stati Uniti in
America Latina.
Nella sua
visita ufficiale a Juan Orlando Hernández, a Tegucigalpa, Kurt Tidd
ha ribadito l’impegno degli Stati Uniti per aiutare l’Honduras a
combattere il traffico di droga. 
Grazie
a questa scusa ufficiale, peraltro non nuova, il governo giustifica
la rimilitarizzazione del paese e mette in evidenza i complimenti,
interessati, del potente vicino, per i risultati raggiunti da
Tegucigalpa nella lotta contro il terrorismo. 
Inoltre, approfittando dello sbandierato impegno comune
per sradicare il narcotraffico, Juan Orlando Hernández ha sfruttato
l’occasione per rafforzare l’Alianza para la la Prosperidad del
Triángulo Norte, dove gli Stati Uniti continuano ad agire come se
fossero nel loro cortile di casa.

Quale
futuro esiste per un paese dove l’omicidio politico rappresenta una
costante (ne sanno qualcosa i militanti di
Libre,
il partito nato a seguito del colpo di stato) e i
desaparecidos
sono in continuo aumento?


E
soprattutto, come mai non si ode la voce dell’opinione pubblica? 

Ah, certo, è troppo impegnata a sostenere le ragioni delle
organizzazioni eversive che premono per la
salida
di Maduro in Venezuela e a descrivere gli artefici delle

guarimbas

come democratici della prima ora.