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Filosofia per la vita: un’intervista con Matteo Pieri sulla filosofia applicata

di Milena Rampoldi, ProMosaik
e.V.- Un’intervista molto interessante sul modo in cui fare filosofia
per la vita, all’interfaccia tra la filosofia e il cinema, la
fotografia, l’arte e molti altri settori. Per agire a livello sociale e
politico necessitiamo giovani in grado di pensare in modo trasversale.
Ne abbiamo parlato con Matteo Pieri, nato a Bologna nel 1979 e laureato
in Filosofia con indirizzo psicologico. Dal 2002 lavora all’interno delle scuole elementari e medie lavorando come insegnante e mediatore
culturale.Ha realizzato progetti video all’interno delle
classi volti principalmente all’integrazione fra compagni con
disabilità. In particolare ha vinto due primi premi Luca De
Nigris, indetti dalla cineteca di Bologna per la realizzazione dei
mediometraggi “Il Re dell’Occhio” nel 2006 e “Le 3 Serrature” nel 2013.
Ha lavorato come assistente alla regia nel Film di
Pupi Avati “Il Cuore Grande delle Ragazze” nel 2011.Presso la scuola
Marco Polo Istanbul ha realizzato
progetti video, in particolare
“Il Taccuino di Carlo Pomo”. Ragionato per conoscere i
luoghi di maggiore interesse della città. 
Allegata al video è stata realizzata una guida cartacea nel 2013.  Sempre nella stessa scuola ha curato il
progetto fotografico “IMAGINE” in cui i bambini riproducono
famosi
quadri del 900 attraverso l’uso della fotografia e della rielaborazione
grafica. Attualmente lavora come docente di Filosofia
all’interno del Liceo Righi di Bologna dove tiene un corso di Filosofia
accostata al Cinema.

Milena Rampoldi: Quali sono le strategie migliori per rendere la
filosofia una scienza applicata alla pratica per agire nella società e nella
politica?
Matteo Pieri: Le strategie migliori sono abituare
le persone a ragionare in modo “filosofico” sui problemi. Per filosofico
intendo un ragionamento meno rigido e settoriale ma trasversale.
Non importa dunque imparare a
memoria il pensiero dei diversi filosofi ma capire come essi hanno affrontato
diverse tematiche e su come hanno influenzato e sono stati influenzati dalla
società in cui vivevano. Questo pensiero trasversale è esattamente il contrario
della tendenza educativa degli ultimi anni che è volta a specializzare le
persone nei diversi settori del sapere. In Italia, ma non solo, le persone
vengono sempre più spinte a specializzarsi e avere “patentini” su determinati
lavori che devono o dovranno svolgere, in questo modo perdono la visione
d’insieme del loro operato. Basti pensare ai mille indirizzi di corsi di laurea
che nascono come funghi all’interno delle Università. Il sapere specifico e la
conoscenza tecnica sono importanti ma uccidono la capacità di inventiva e di
risoluzione di problemi nuovi: è un sapere principalmente esecutivo e meno
creativo. All’interno di un qualsiasi gruppo di lavoro penso debbano esserci
sia “esecutori” sia “inventori” e per inventori non intendo strettamente
persone in grado di inventare un congegno innovativo o un’opera d’arte bizzarra
e originale. Per invenzione intendo la capacità di una visione globale di
trarre cioè nuove idee e nuovi spunti da campi apparentemente molto distanti.
In questi anni ho avuto modo di
conoscere e assistere a un approccio filosofico molto particolare ideato da un
gruppo di persone che si occupano di filosofia con i bambini: in realtà il loro
laboratorio è molto semplice; partendo da semplici domande come “Cos’è questo
oggetto” (nel caso specifico un cucchiaio) riescono lentamente a sviluppare
discussioni e idee partendo da un punto di partenza  apparentemente banale, è come se venisse
fatta una “ginnastica” del pensiero. A loro volta questo gruppo di persone è
riuscito a realizzare un laboratorio tanto piacevole e interessante perché
influenzati e condizionati dal loro percorso di studi (come ad esempio la
maieutica di Socrate).

Abituare le persone fin
dall’infanzia a un meccanismo di ragionamento che è diverso dalla semplice
esecuzione o risoluzione schematica di un problema aiuta la persona adulta ad
agire in modo diverso su tutti i campi compreso quello sociale e politico.  In questo senso la filosofia può diventare
una scienza applicata: se da un lato favorisce una base solida culturale di
saperi e idee differenti attraverso lo studio di diversi pensatori
presentandoli nel loro contesto storico, dall’altro la filosofia dovrebbe
essere insegnata per risolvere problemi e criticità partendo anche da
affermazioni apparentemente banali.
MR: Quali sono le interfacce principali che si possono
creare mediante la filosofia?
MP: Questo pensiero trasversale lo vedo
applicato quotidianamente nel metodo di ricerca in internet. Partendo da una
semplice domanda e questione internet consente alle persone di cercare altro
per completare o arricchire curiosità su un determinato argomento. Un lavoro
interessante secondo me è cercare di apprendere e creare sistemi di ricerca
differenti come ad esempio creare applicazioni e piattaforme collegate tra loro
che si occupano però di temi differenti.
Se ipoteticamente avessi
un’applicazione che si occupa di grafica e collegato a quella piattaforma ci
fosse un rimando a un altra che si occupa per esempio di storia si potrebbe
creare un lavoro davvero stimolante e complesso. Faccio un esempio pratico: se
per esempio voglio applicare l’effetto “acquerello” a una foto e questo effetto
rimanda ad un’altra piattaforma che spiega l’utilizzo dell’acquerello nel corso
della storia il lavoro di un semplice ritocco fotografico potrebbe diventare
più complesso e estremamente creativo.

MR: Come motivare i ragazzi di oggi ad occuparsi di
filosofia, società e azione socio-politica per cambiare il mondo?
MP: Vedo all’interno delle scuole
l’ansia sempre maggiore di terminare un programma scolastico. I momenti di
lavoro in gruppo di ideazione di progetti e di semplice discussione sono sempre
più rari.
Quindi i ragazzi fin da piccolissimi
si trovano immediatamente di fronte a un sistema educativo volto a terminare un
programma predefinito con risultati (numerici) stabiliti a priori. Famiglie e
scuola si trovano quindi ad avere come fine ultimo il risultato di un programma
di studio con un determinato voto. Penso quindi che una parte delle ore
scolastiche dovrebbero essere dedicate in via ufficiale all’elaborazione di un
progetto trasversale su diverse tematiche e discipline decise dal gruppo di
insegnanti. In questo modo famiglie e insegnanti non avrebbero l’ansia di
raggiungere una specifica “performance” e i ragazzi avrebbero modo di
affrontare il tema della conoscenza e dell’apprendimento in modi differenti che
varierebbero a seconda delle classi e a seconda degli insegnanti.

MR: Quali sono i vantaggi principali dell’integrazione
tra filosofia ed arte?
MP: L’arte è principalmente visiva e
immediata e quindi di facile comprensione. Mi è capitato per esempio di
spiegare il mito della caverna facendo vedere una coreografia di danza di
Pilobolus: questa compagnia di danza crea forme e coreografie utilizzando le
ombre; forse il coreografo non ha pensato direttamente al mito della caverna
quando ha creato la coreografia ma sicuramente è stato influenzato da altre
forme artistiche ispirate forse a loro volta al mito della caverna. Oltre alla
“creazione” dell’opera d’arte è importante anche la “visione”. Lo spettatore
attraverso lo studio della filosofia può godere della coreografia vedendola
sotto diversi livelli. E’ lo stesso procedimento che avviene quando si vede un
film dopo aver letto un libro da cui è tratto: i livelli di visione del film
aumentano cogliendo analogie e differenze, confrontando interpretazioni
personali con le interpretazioni del regista… l’osservazione dell’opera
d’arte diventa in questo modo più attiva e partecipativa e la filosofia aiuta
questo processo sia in fase di creazione dell’opera sia nella fruizione di
essa.
Un altro lavoro interessante che ho
visto di recente è stato un progetto video realizzato da un gruppo di
animatori: in pochi secondi vengono presentati Cartesio e Nietzsche chi ha
ideato il video ha dovuto sicuramente avere una base di studio sui due filosofi
riuscendo così in pochi secondi a riassumere i loro diversi approcci. Il video
è visibile sia su youtube sia al loro sito ufficiale: 
http://www.histoiresdephilosophies.com/

MR: Come possiamo integrare filosofia e fotografia?
MP: Riporto un esempio pratico di una
possibile interazione tra le due discipline basandomi su un progetto ideato con
un’altra insegnante su una pluriclasse di quarta e quinta elementare. Partendo
dalla biografia di un autore, dal suo contesto storico (e quindi filosofico e
politico) abbiamo invitato i ragazzi a riprodurre le opere di questo autore
senza averle viste ma descrivendo solo per sommi capi l’oggetto delle loro
opere. I bambini avevano a loro disposizione soltanto informazioni riguardanti
la vita dell’autore e dovevano immaginare di essere loro stessi l’artista.
Finita questa fase di lavoro
venivano confrontate le opere originali dell’autore con gli elaborati dei
ragazzi e si decideva attraverso un gioco di votazioni chi si era avvicinato
maggiormente. Questa fase di lavoro non è affatto vissuta in modo competitivo
ma diventa un gioco fatto di discussioni e votazioni fatte con i bambini. Alla
fine della discussione i bambini utilizzando varie tecniche di disegno si
dividevano in gruppi e riproducevano questa volta le opere copiandole.
La terza e ultima fase del progetto
è stata quella di fare diventare i bambini attori stessi dei quadri,
utilizzando lo strumento fotografico.
Con l’uso di trucchi costumi e
effetti digitali i bambini sono diventati loro stessi il quadro che
inizialmente avevano solo immaginato basandosi sul pensiero filosofico sulla
vita e sulla società dell’autore stesso.
Questo è un modo per entrare
gradualmente dentro un’opera d’arte e la visione e la creazione dell’opera
stessa diventa così molto più sfaccettato e complesso perché sono stati
esaminati più aspetti nello studio dell’opera (la curiosità sulla vita del
pittore, il gioco e la discussione nel decidere chi aveva indovinato l’opera,
il narcisismo nell’essere attore dell’opera, la tecnica di riproduzione
dell’opera stessa ecc.)
Sto cercando di riproporre questo
progetto all’interno di un liceo scientifico collaborando con un professore di
storia dell’arte.

MR: Che spunti possiamo offrire ai ragazzi
all’interfaccia tra cinema e filosofia?

MP: Questo punto è stato in parte
discusso in precedenza. Attualmente sto avendo un’esperienza di “potenziamento”
all’interno di un liceo scientifico: questo mi svincola di fatto dal dare voti
o di seguire un programma preciso. Il lavoro quindi che posso fare è
estremamente creativo: cerco di applicare la filosofia al cinema per esempio
analizzando il film Matrix (ispirato principalmente alla filosofia platonica) e
confrontandolo con il neo realismo italiano (che ha forti rimandi alla Poetica
di Aristotele). In questo modo i ragazzi hanno la possibilità di fissare in
modo concreto alcuni concetti che altrimenti verrebbero studiati e dimenticati
dopo pochi mesi. Chiaramente questo è un lavoro di semplice rinforzo alla
disciplina e serve a vedere in modo diverso qualcosa che appare il più delle
volte meramente astratto e distante. Se ci sarà la possibilità cercherò di
proporre nella scuola la realizzazione di un progetto video partendo appunto da
alcune tematiche filosofiche.