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Da Dubai forti critiche da Mohammed Dahlan

Di Antonietta Chiodo, ProMosaik e.V. Italia.

Mohammed Dahlan torna a far parlare di sé, nonostante le voci poco
gratificanti sul suo conto lo abbiano inseguito in tutti questi anni,
definendolo anche uno spietato interlocutore con Israele, permettendosi così l’opportunità
di essere investito a governatore di Gaza. Uno dei maggiori esponenti di Al
Fatah, un uomo cresciuto in un campo profughi e che ha sognato la liberazione
della sua terra sin da bambino si racconta attraverso una recente intervista al
quotidiano britannico Washington Post. Narra di ciò che lui vede tramontare nel
partito di cui è stato leader nella Striscia di Gaza, tra i fondatori nel 1981
del gruppo giovanile di al-Fatah, un uomo che ha conosciuto il carcere per
accuse di terrorismo contro lo stato d’Israele per cinque anni.
Per la prima volta il leader palestinese mette
in dubbio l’operato del presidente del partito di al-Fatah Mahmoud Abbas,
dichiarando totalmente incoerenti le sue scelte e quelle del suo staff. Sono
inequivocabili le dichiarazioni di Mohammed Dahlan che tiene a sottolineare
come il mandato del presidente sia scaduto ben sette anni fa, lasciando
comprendere il bisogno di un rinnovamento all’interno del partito e della
sicurezza per il popolo palestinese.

Definisce insostenibili i continui giochi
sottili che spesso vedono Mahmoud Abbas come un uomo sottomesso allo stato di
Israele. Ci troviamo in una situazione in cui dopo 48 anni di oppressione
sionista i palestinesi si sentono senza ombra di dubbio imprigionati nel regime
dell’Apartheid. Dunque le dimissioni di Abbas sembrano quasi adagiate sul
vassoio che stravolgerà il disegno politico di questi ultimi anni e che molti
attendono con ansia per avere la possibilità o la speranza di rimescolare le
carte.
Uno di una manciata di nomi su una breve lista
di possibili successori del presidente è Mohammed Dahlan, 53 anni, un ex capo
della sicurezza di Gaza e di Yasser Arafat, dopo essere stato espulso dal
partito, si trova ora in un esilio dorato nella città di Dubai. Giornalisti e
rappresentanti che lo hanno incontrato in questi ultimi tempi dichiarano di
avere incontrato un uomo ricoperto e contornato da un indescrivibile sfarzo, un
uomo che mette in discussione tutto ciò che ha stravolto la Striscia di Gaza in
questi ultimi tempi e soprattutto le prese di posizione che avrebbero dovuto
invertire le rotte.
Dopo l’espulsione che lo vide nel 2011
allontanato dal partito, accusato di corruzione e diffamazione, definito sin
dall’inizio il pupillo di Arafat, dichiara apertamente la mediazione di Abbas
un vero e proprio fallimento, usando l’Intelligence palestinese per tenere
d’occhio Hamas, lasciando così mano libera alla polizia israeliana, come si può
evincere dalle numerose vicende che hanno coinvolto il popolo palestinese
soprattutto nella zona della Cisgiordania in questi ultimi mesi, da quella che
venne inizialmente definita l’Intifada dei coltelli.
Hamas resta nel mirino di Dahlan, che dichiara
apertamente che i suoi razzi non portano a nulla e hanno valore pari allo zero.
I funamboli della politica cercano
costantemente di portare acqua al proprio mulino, mentre i palestinesi si
sentono sempre meno riconosciuti da un governo che in Israele cerca una
mediazione oramai definita scoraggiante tra soprusi illegali, accuse di
terrorismo e bambini detenuti illegalmente nelle carceri dello stato sionista.
Dahlan sembra tornare alla ribalta da qualche
mese, lasciando riflettere dopo essersi fatto fotografare alla guida di un suv
ultimo modello, mentre in Palestina si combatte ogni giorno una guerra
importante, quella interiore, dedita alla sopravvivenza ed alla possibilità di
trovare un senso per ciò che accade o che potrebbe accadere.
Il presidente Mahmoud Abbas sente sempre più
vicina la possibilità che venga sostituito da Mohammed Dahlan, rilasciando
costantemente dichiarazioni come quella di poche ore fa all’organo di stampa di
Aljazeera, nella speranza probabilmente di convincere la popolazione
palestinese del suo impegno, collaborando con Israele contro ogni forma di
terrorismo ed estremismo.
Voci divulgate nelle ultime ore vedevano
precarie le condizioni fisiche del presidente Abu Mazen, causa sembrerebbe un
ictus, non confermata dai porta voce che definiscono non pericolose le
condizioni del presidente, ma che semplicemente visti i suoi 80 anni siano
semplicemente un segnale di bisogno di riposo. Tiene a rammentare inoltre il
suo esecutivo che nel 2014 si temesse per la sua vita, mentre nella realtà
l’uomo godeva di ottima salute.
Pochi giorni fa durante una conferenza per la
commemorazione dell’invasione in territorio palestinese si è visto esortare a
credere in una possibilità di Pace cercando di percorrere strade probabilmente
diverse da questa:
“Non vogliono la pace per voi, o per noi.
Stanno semplicemente cercando in ogni modo possibile per continuare
l’occupazione e l’insediamento della nostra terra.”
Pochi giorni dopo queste sue parole il governo
israeliano si è deciso a restituire le salme di 17 dei martiri palestinesi
trattenuti per un mese, violando dunque per l’ennesima volta le leggi
internazionali.