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Champagne e bombe


Di Antonietta Chiodo, ProMosaik
Italia, 18 dicembre 2015.

Il Natale si
avvicina ad una velocità ingestibile, lucine colorate ovunque e le letterine
per l’allegro Babbo Natale vengono scritte con straordinaria attenzione da
parte dei più piccoli. I genitori nel frattempo si dividono tra il cercatore di
doni e la cuoca, tra riviste di cucina e decorazioni colorate.
Ma la
copertina spesso non è quella che illustra realmente la trama del libro.
Infatti il nostro libro, posato su una ricamata tovaglia di lino, narra di
altro, di bambini, di morte, di potere e di giochi al di sopra di noi, di giochi
di cui non conosceremmo mai la reale soluzione. La Francia ferita al fianco ha
trovato l’immediato soccorso dei moschiettieri, attaccando la Siria senza
pudore, lasciando l’impossibilità di scampare alle bombe a bambini e uomini
inermi. In Palestina invece Israele continua incontrastato il suo diritto alla
reclusione e ritorsione di un territorio occupato da decenni, tra un supporto
agli attacchi aerei in territorio siriano e l’inarrestabile violenza tra Gaza e
la Cisgiordania.
Nel frattempo
noi continuiamo a domandarci cosa accada in un territorio di guerra, comprendendo
solo caos e amarezza per ciò che tra la polvere non cessa di esistere.
Si parla
spesso di accordi internazionali, di diritti umani che sembra riempiano la
bocca di interlocutori in giacca e cravatta, ma quando si tratta del sangue
sembra che le date di vecchie firme che dovevano tutelare le vittime diventino
improvvisamente inesistenti.
Mentre tutto
cerca di concentrarsi nel comprendere quali siano le scelte da fare con l’aiuto
di Kerry e del presidente Obama, allestendo tavoli di comunicazione, oramai da
anni… Israele nel frattempo continua i suoi attacchi sul territorio a scadenze
alterne con bombardamenti sulla striscia di Gaza.
All’alba di
lunedì 14 dicembre 2015 sono stati sferrati sulla Striscia di Gaza due attacchi
aerei in direzione di un campo d’addestramento delle Brigate Qassam. I civili
hanno dichiarato che i danni al territorio sono stati esagerati pur non
essendoci state vittime, a sud del quartiere di Zeitoun, a sudest di Gaza. Casualmente
sono state anche attaccate la zona navale e la stazione della polizia
palestinese.

Siamo rimasti
arenati alle dichiarazioni del rappresentante degli Stati Uniti John Kerry secondo
cui Israele e Palestina potrebbe creare due stati, ma solo con grande coraggio
si potrà raggiungere questo risultato, “Il sogno sionista abbraccia il concetto d’Israele come una democrazia
ebraica, un legame di speranza per tutte le nazioni”,
ha detto Kerry. “Questo sogno – ha continuato – non
può sussistere che con due stati che vivano fianco a fianco in sicurezza. Noi
sappiamo tutti, dopo anni di sforzi e discussioni, che non è un sogno
impossibile. Ci si può arrivare”.
Tutti
ricorderemo il soldato Aron Shaul, catturato da Hamas durante l’offensiva
dell’estate 2014, di cui non si sono più avute notizie. Due giorni fa la madre
del giovane militare ha chiesto la conferma che il figlio sia ancora vivo.
Sembra che intorno alla questione israelo-palestinese tutto taccia, e le
eventuali conferme di accordi e nuove possibili soluzioni restano arenate in
nuvole di fumo. Da entrambi gli schieramenti, soprattutto da parte dei civili
di entrambi i fronti tutto sembra tacere. La donna tramite una conferenza
stampa tenutasi a Tel Aviv ha rilasciato la seguente dichiarazione: “Sig. Haniyeh (massimo leader di Hamas
a Gaza), provi che Shaul è vivo, e
metteremo a soqquadro lo stato per ottenere uno scambio di prigionieri. Ho
insegnato a mio figlio l’etica dell’esercito e l’ho mandato a difendere lo
stato. Su questa base, credo che l’esercito non lasci i suoi morti e i suoi
feriti sul campo. I leader militari devono sopportare la responsabilità e
portare nostro figlio a casa”.
Riferendosi agli ufficiali israeliani, ha aggiunto: “Nonostante tutte le promesse che ho ricevuto, non c’è niente sul
terreno riguardo al ritorno di mio figlio disperso. Questa è una responsabilità
del governo e dell’esercito”.
Durante il
suo intervento la donna è stata interrotta da un esponente del governo
israeliano non appena dichiarava che il governo sionista non si è minimamente
impegnato per far rientrare il ragazzo in patria.

Nel frattempo continuano gli arresti dei presunti terroristi palestinesi: martedì
15 Dicembre 2015 una ragazza di nome Zuhaira Abu Eisha, di 27 anni, di Kafr
Akeb è stata arrestata perché trovata in possesso di un cacciavite. Secondo le dichiarazioni
dei militari israeliani, la giovane avrebbe firmato una dichiarazione in cui avrebbe
ammesso un presunto attacco. Premetto che dopo tanto tempo e molti articoli
scritti è stato rilevato e confermato anche da Associazioni per i diritti umani
ed Onu ed UNICEF che le confessioni spesso vengono estorte sotto minacce.
Questo vale principalmente per le dichiarazioni redatte in lingua ebraica, che
difficilmente un cittadino palestinese è in grado di poter interpretare.
Nella giornata di mercoledì 17 Dicembre invece un
contadino palestinese è stato preso di mira dalle forze israeliane, che lo
hanno gravemente ferito. Spesso i pescatori ed i contadini palestinesi si
trovano a dover lavorare nei pressi dei confini, confini che si trovano molto
vicini alla zona di Rafah. E questo comporta il rischio di trasformarsi
involontariamente in bersagli mobili.
Attendiamo con ansia l’epilogo di una possibile sosta,
umanitaria, che richieda riflessione e una svolta verso una pace anch’essa
umanitaria.