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Marwan Barghouti e Martin Luther King: l’ideale della pace giusta infiamma attivisti ed idealisti

di Antonietta Chiodo, ProMosaik e.V.
Italia.
Marwan
Barghouti
fu
leader della prima e della seconda intifada, fondatore del BDS Boycott
Divestment Sanctions. “Mi sono unito alla
lotta per l’indipendenza palestinese 40 anni fa, e sono stato imprigionato la
prima volta a 15 anni. Questo non mi ha impedito di lavorare per una Pace che
sia in conformità con il diritto internazionale e le risoluzioni dell’Onu. Ma
anno dopo anno Israele, la potenza occupante, ha metodicamente distrutto questa
prospettiva. Ho trascorso 20 anni della mia vita nelle carceri israeliane,
compresi gli ultimi 13, e questo tempo mi ha reso certo di una verità
inalterabile: l’ultimo giorno di occupazione sarà il primo giorno di Pace. Coloro che cercano quest’ultima
devono agire, e agire adesso, per far finire la prima.”   
– The Guardian, 12 ottobre 2015-
La parola Pace è una parola tanto semplice quanto complessa. Ed è assurdo
notare come la sua pronuncia sia in grado di innescare l’effetto di una bomba
al napalm in un contesto di guerra tra due popoli. Infatti gli scontri violenti
vengono anche co-gestiti dagli attivisti che dai giornalisti, che nel 2015
spesso sembrano uniti nella loro lotta comunque che sembra perseguire uno scopo
comune. Spesso comunque i percorsi e le ideologie sono differenti. Come
affermato da Barghouti, la pace in Palestina significa la fine dell’occupazione,
ovvero la fine del colonialismo sionista. Ma la pace non è solo un processo
esterno da realizzare a livello politico e sociale, ma soprattutto un processo
interiore di ognuno di noi che deve impegnarsi per pacificare se stesso.
Infatti non si deve mai pensare di ritrovare la pace nel mondo, senza prima realizzarla
all’interno di noi stessi. Questo significa che la pace non è solo un dono, ma
soprattutto una conquista, un impegno quotidiano, una lotta. E per me uno degli
esempi della lotta per la pace irrealizzabile senza la giustizia e senza il
superamento del razzismo, dell’apartheid e della discriminazione dell’altro è
Martin Luther King (1929-1968) che ci ispira tutti i giorni con la sua parola d’ordine
“I have a dream..” La pace come utopia credo sia l’idea che debba darci la
forza di lottare.
Martin Luther
King, pastore protestante, attivista e pacifista spesso vide il suo nome
accostato a quello di Gandhi. Nella sua breve vita il suo obiettivo primario fu
quello di lottare per i pari diritti di tutti gli esseri umani, indipendentemente
dalle loro differenze etniche e razziali. Visse in un’America in cui i bianchi
e i neri erano divisi dal muro dell’apartheid. Crebbe in un ghetto per soli
neri, la sua era una famiglia discretamente benestante. Il padre era predicatore
battista e la madre maestra. Nel 1957 fonda la “Southern Christian
Leadership Conference” (Sclc), un movimento basato totalmente sulla non-violenza.
Nel 1964 ad Oslo riceve il premio Nobel per la pace. Nel 1966 si trasferisce a
Chicago. Si dichiara contrario alla guerra in Vietnam e si astiene dall’estremismo
di ogni genere, denunciando le condizioni di miseria e di degrado dei
ghetti delle metropoli.
Il 4 aprile del
1968 Martin Luter King si trovava su una veranda insieme ad alcuni
collaboratori, parlando serenamente dei preparativi per una marcia per la Pace.
Dalla casa di fronte vennero sparati dei colpi di arma da fuoco che lo uccisero
in pochi istanti.
Il vero
colpevole non venne mai trovato.
Il mondo ha visto nascere persone che con la propria parola hanno cambiato se non il
mondo una gran parte del globo che si è ritrovato a studiare i loro nomi nella
storia all’interno delle aule scolastiche. Germogli restati dentro per
generazioni e generazioni, dalla guerra del Vietnam ad oggi. Nel 1945 il capo
del partito comunista vietnamita Ho-Chin-Minh formò un governo provvisorio che
suscitò l’ostilità dei paesi occidentali, sempre timorosi dell’avanzata
comunista in Asia. Nel 1946 iniziarono le ostilità tra il Fronte nazionale di
liberazione (FNL) del nord del Vietnam e i Francesi, aiutati dagli Americani.
La guerra terminò nel 1954 quando a Dien-Bien-Phu le truppe del FNL e del
Viet-minh, comandate dal generale Giap, sconfissero le truppe francesi. Con la
Conferenza di Ginevra del 1954 la penisola indocinese viene divisa in tre Stati
indipendenti: Laos, Cambogia e Vietnam. Furono anni devastanti, ma anche anni di
infiniti cambiamenti morali e soprattutto di pensiero, le armi cambiarono. Ma
allo stesso tempo, sulla pagina della storia, apparivano numerosi attivisti che
volevano mettere in pratica l’idea della non-violenza. E sono loro che hanno
permesso di cambiare il mondo, nonostante le terribili immagini belliche che
continuavano a bombardare le televisioni delle case americane benpensanti.
Come Martin Luther King credo che non dovremmo mai
smettere di sognare un mondo diverso. Anche se la delusione e la frustrazione
sono acque torbide, in cui ogni giorno ci bagniamo, non dovremmo mai
dimenticare la speranza, la lotta e l’utopia. Il bisogno di cambiamento urgente
a livello sociale e politico sta trasformando parecchi attivisti e blogger
negli stessi carnefici che descriviamo da decenni. Non dimentichiamo i nostri
bambini, ci prenderanno per mano e dovremmo indicargli ogni giorno la strada
della consapevolezza e della pace.