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La lotta contro le mutilazioni genitali femminili – CESIE


insart-artist-2 di Milena Rampoldi, ProMosaik e.V. – Una bellissima intervista realizzata insieme a Soad Ibrahim dell’associazione italiana CESIE che si occupa di combattere il fenomeno brutale della mutilazione genitale femminile. ProMosaik e.V. aveva parlato del fenomeno in altri due articoli della collega Antonietta Chiodo. Vedi tra l’altro: http://promosaiknews.com/2015/09/antonietta-chiodo-visita-la-nostra.html


Quali sono le strategie migliori per combattere le
mutilazioni genitali femminili?

E’ difficile generalizzare su quali siano le migliori
strategie per combattere le MGF. Per quanto riguarda il progetto REPLACE 2,
finanziato dalla Commissione Europea sotto il programma Daphne, è stata adottata la strategia di coinvolgere direttamente i
membri delle comunità coinvolte, cercando di creare un maggior senso di appartenenza
alla comunità all’interno di esse, favorendo così la condivisione di
informazioni sulla pratica.  Questo ha
contribuito a sviluppare  una maggior
consapevolezza sulle cause e gli effetti che questa pratica comporta. Inoltre il
progetto, dopo una lunga fase di ricerca,  ha previsto degli interventi in ogni paese
partner, pensati ad hoc per le rispettive comunità con lo scopo di creare una
strada che porti verso la fine delle mutilazioni e che nasca proprio
all’interno delle comunità coinvolte.

Quali sono i pregiudizi errati che permettono che la pratica
non venga sradicata?

In diverse culture che la esercitano, il pregiudizio
principale  riguarda lo status della
donna che non si è sottoposta alla pratica. 
Si pensa infatti che la donna non circoncisa sia inevitabilmente
destinata ad una vita libertina da un punto di vista sessuale e questo le
impedirebbe di trovare un marito e quindi un status socialmente approvato
all’interno della sua cultura.  Questo
pregiudizio causa il fatto che spesso le donne stesse vogliano perpetuare la
pratica per non andare incontro ad una vera e propria emarginazione sociale.
Dall’altra parte i pregiudizi non mancano da un punto di
vista europeo, cioè di una cultura che non pratica le mutilazioni genitali
femminili quindi è estranea dal capire le motivazioni storiche e culturali
legate ad essa. Spesso in Europa si pensa che la pratica sia insita nella
religione islamica e quindi, visto che è un fattore religioso, è impossibile
sradicarla. 
Dall’esperienza del progetto REPLACE 2, abbiamo imparato
che le mutilazioni avvengono anche in culture di religione cristiana e quindi
per contrastarle bisogna capire e interagire con il background culturale della
cultura specifica che la pratica non tanto della religione dominante legata ad
essa.
Che cosa possiamo fare in Italia?

Ciò he serve di più a nostro avviso è il lavoro a diretto
contatto con le comunità coinvolte. Creare programmi di supporto per le
comunità di immigrati che vivono in Italia ma anche di integrazione con la
comunità locale, spazi dedicati all’aggregazione delle donne affinché possano
condividere la loro esperienza e sentirsi supportate a livello medico,
psicologico per affrontare l’esperienza della mutilazione.

Che importanza ha l’informazione e la messa in
rete tra associazioni per combattere questa pratica?

L’informazione è sempre fondamentale ma è importante che
sia fatta con criterio senza contribuire a rinforzare i finti stereotipi di cui
ho accennato prima ma rinforzando l’idea che sì la pratica in sé è terribile ma
non ci sono buoni o cattivi nel perseverarla piuttosto persone che vivono i
condizionamenti culturali senza neanche esserne consapevoli. La rete di
associazioni in questo potrebbe essere di rilevante importanza per aprire la
strada verso la fine della pratica, una strada che nasca e si sviluppi proprio
nei contesti urbani delle nostre città dove la pratica apparentemente ancora
esiste fra le comunità di immigrati che vivono in Italia.
Fondamentale, ed è proprio quello che servirebbe, una
rete di supporto attiva, pee rendere consapevoli le stesse comunità sul perché
praticano questo e su valide alternative per smetterla soprattutto una volta
inseriti nel contesto europeo. 




ProMosaik e.V. sostiene che nessuna religione prescrive
questa pratica orrenda. Come facciamo a spiegare alle persone la differenza tra
religione e tradizione?

Non ci sono religioni e tanto meno testi sacri che
promuovono la pratica.
Bisognerebbe spiegare che le religioni in quanto tali
sono volte sempre verso l’amore e l’unione, e quindi sarebbe illogico pensare
ad una religione che promuove una pratica violenta come la mutilazione genitale
femminile. Sono poi le interpretazioni dell’uomo che creano deviazioni a loro
piacimento, perpetuandole a tal punto da entrare in un altro ambito che è
proprio quello della tradizione.
La tradizione è così incarnata dentro la vita e la
percezione dell’individuo perché attraverso di essa l’individuo trova conferma
di appartenere al proprio gruppo, tanto da mettere poi la religione in secondo
piano. Fare chiarezza sulla differenza tra le due sicuramente aiuterebbe le
persone ad osservare in modo più obiettivo le cose.




Che obiettivi avete raggiunto e che cosa vorreste
raggiungere in futuro?

Abbiamo raggiunto
diretti contatti con la comunità coinvolta nel progetto e creato degli
interventi mirati a far sì che i membri della comunità acquisissero consapevolezza
del perchè contina ad esistere questa pratica all’interno della propria
cultura. Abbiamo quindi, insieme a loro, proposto vie alternative per superare
i condizionamenti culturali e quindi il perseverare della pratica.   Tutto
questo ha portato ad una maggiore consapevolezza delle persone, soprattutto
delle donne. Possiamo dire di avere piantato un primo seme verso la fine delle
mutilazioni genitali femminili.
REPLACE 2 è
stato il primo progetto totalmente focalizzato sul tema delle MGF in cui il
CESIE è stato coinvolto ma sono tanti altri i progetti in cui l’associazione
lavora per  combattere la violenza contro
le donne. Sicuramente vogliamo continuare a lavorare a stretto contatto con le
comunità coinvolte in questa e in altre pratiche che vedono donne vittime di
violenza, essere coinvolti in progetti che affrontino queste tematiche in modo
tale da svilppare una rete europea di associazioni ed enti attivi per porre
fine a queste violenze nel tempo. 



Presentazione
del CESIE:
Il CESIE è
stato fondato nel 2001, ispirato dall’impegno del sociologo, educatore e poeta
Danilo Dolci
(1924-1997).
Il CESIE ha
trasferito molti aspetti chiave del lavoro di Danilo Dolci nelle proprie
attività educative, tra cui
l’Approccio
Maieutico Reciproco
(metodologia dialettica di indagine e di
autoanalisi popolare) creato e testato da Dolci per molti anni.
Il lavoro del
CESIE si fonda su:
  • Ricerca
    sulle necessità e le sfide sociali
  • Utilizzo
    di approcci di apprendimento innovativi per rispondere a queste necessità.
In questo
modo, il CESIE collega attivamente la ricerca con l’azione
attraverso l’utilizzo di metodologie di apprendimento formale e non-formale,
che includono:
  • L’Approccio
    Maieutico reciproco definito da Danilo Dolci come “processo di
    esplorazione collettiva che considera l’esperienza degli individui e
    l’intuizione come punto di riferimento”
  • Tecniche
    di Pensiero Creativo che stimolano la generazione di idee, problem-solving
    e la capacità di pensare fuori dalla scatola individualmente e in gruppo
Il CESIE
crede nell’educazione che alimenta la crescita economica. L’educazione quindi
promuove il benessere individuale e lo sviluppo economico delle società,
stimolando l’innovazione e l’imprenditoria.