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Gli Artisti di strada arabi (at)taggano la serie televisiva US-americana Homeland




Heba Y. Amin هيبة أمين



Übersetzt von 
Milena Rampoldi میلنا رامپلدی



Herausgegeben von 
Fausto Giudice Фаусто Джудиче فاوستو جيوديشي



I motivi per cui piratiamo una serie televisiva premiata: Homeland NON È una serie televisiva



Che cosa c’è di sbagliato nel messaggio politico di Homeland? Fin dalla sua prima puntata Homeland
spiegava al pubblico US-americano che al-Qaida in realtà sarebbe una
creazione iraniana. Secondo lo scenario infatti al-Qaida non ha solo uno
stretto legame con Hezbollah, ma cerca anche di vendicarsi degli Stati
Uniti nel nome dell’Iran. Questo fantasma pericoloso negli Stati Uniti è
divenuto un dato di fatto, ripetuto da numerosi media dominanti.
Cinque stagioni più tardi, l’intrigo ha fatto strada, ma la propaganda
non perde il suo impatto. Ora l’obiettivo consiste nella libertà
dell’informazione e nella protezione della vita privata, che si avvolge
con attenzione sotto forma di minacce che rappresentano i denunciatori
della cattiva amministrazione, l’ISIS e il resto dell’Islam sciita.

Nell’estate del 2015 la serie televisiva US Homeland è stata
ripresa a Berlino. In giugno e luglio in diverse parti della città si
riprendevano i fatti e i gesti di un’ex agente della CIA, Carrie
Mathison (Claire Danes) nel suo nuovo ruolo di consulente di sicurezza
per conto di un oligarca umanitario tedesco, Otto Düring (Sebastian
Koch). Nel mezzo di allusioni ad un complotto di hackers e degli
accordi segreti tra gli Stati Uniti e la Germania, la serie cerca di
riprendere a suo modo gli eventi veramente avvenuti, con un’emulazione
di Edward Snowden che rivela un progetto comune di spionaggio illegale
di cittadini tedeschi della CIA e del BND (servizio federale di
spionaggio della Germania). Ma contrariamente alla realtà la fuga ha
obbligato la Germania a liberare tutti i terroristi dello Stato
Islamico, che aveva arrestato. Alla serie è stata attribuita la reputazione di essere il programma televisivo più fanatico
a causa della rappresentazione imprecisa, indiscriminata e molto
tendenziosa degli arabi, dei pachistani e degli afghani e delle sue
deformazioni grossolane di città come Beirut e Islamabad e del mondo
musulmano in generale. Dopo quattro stagioni e con la quinta stagione in
preparazione, Homeland continua a basarsi sulla dicotomia tra i
protettori US-americani fotogenici e in gran parte bianchi e la minaccia
musulmana malsana e retrograda. IL Washington Post ha reagito all’orrore razzista rappresentato da un cartello pubblicitario della quarta stagione in cui si vedeva un piccolo cappuccetto rosso, perduto nella foresta dei lupi musulmani senza viso. Nella
sua foresta il piccolo cappuccetto rosso ha la possibilità di impiegare
diverse tonalità di grigio per raggiungere i suoi obiettivi
(corruzione, attacchi mediante aeromobili teleguidati, tortura e omicidi
camuffati). Punta le sue armi contro i cattivi di un solo colore, che
fanno esattamente le stesse cose che fanno i buoni, ma le fanno con un
intento nefasto.

È vero che il programma ha un bell’aspetto, gli
attori sono bravi e le riprese sono buone. Questi sono anche i motivi
per cui il programma ha vinto numerosi premi. Ma chi avrebbe mai pensato
che in una serie televisiva che tratta delle tematiche scottanti e
molto attuali come la lotta contro il terrorismo, lo Stato Islamico e
gli scontri ideologici tra gli Stati Uniti e il Medio Oriente uno dei principali personaggi, un terrorista
porta il nome del vero ambasciatore del Pakistan negli Stati Uniti? Si
deve anche riconoscere che il programma è apprezzato da parte del
pubblico US-americano  per la sua critica rivolta all’etica del suo
governo, ma non senza contribuire al razzismo che caratterizza il
periodo isterico che attualmente viviamo. Joseph Massad, professore
associato di politica moderna e storia intellettuale degli arabi alla
Columbia University si è occupato della tematica del razzismo molto
presente nei media nei confronti del Medio Oriente, affermando che Homeland non diverge in modo essenziale da
questo paradigma [di stampo razzista], ma aggiunge che gli arabi sono
talmente pericolosi che possono corrompere persino gli uomini bianchi, e
in più US-americani, e possono dunque renderli più pericolosi anche per
gli Stati Uniti.

All’inizio di giugno 2015, abbiamo ricevuto un
appello da parte di un amico attivo nel settore dell’arte di strada e
dei grafiti in Germania da una trentina d’anni e che ha fatto delle
ricerche sui graffiti in Medio Oriente. L’impresa responsabile per i
cartelloni cinematografici di Homeland gli aveva comunicato che per la nuova stagione stava cercando degli artisti di strada arabi
per realizzare dei graffiti per conferire una certa autenticità ad un
set cinematografico che rappresentava un campo profughi siriano sulla
frontiera siriano-libanese. Vista la reputazione della serie, eravamo
piuttosto reticenti, finché comprendemmo che in questo modo avremmo
avuto la possibilità di trasmettere la nostra insoddisfazione politica e
anche quella di molte altre persone riguardo alla serie. Era la nostra
opportunità di far valere il nostro punto di vista, utilizzando la
puntata per sovvertire il messaggio.

 Nota di Tlaxcala: Homeland
(patria) in arabo si dice watan (وطن). All’indomani dell’11 settembre
2001, il governo USA ha creato l’Homeland Security Department, un superministero degli interni.

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 La patria NON È una serie (al watan mesh mosalsal)

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Noi non abbiamo opposto resistenza, e allora ci hanno conquistati a dorso di un asino

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 Libertà (huriya)… ora in 3-D!

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Homeland è un anguria (al watan batikh) (spesso si usa il termine “anguria” per parlare di un inganno)

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 Non esiste Homeland (mafeesh Homeland)
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#blacklivesmatter (#lavitadeineriimporta – NdT)

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Falafel e alcool di Faiza
Lo stand di falafel appartiene ad una vecchia signora chiamata
Faiza, una donna siriana cristiana che ha vissuto per tanto tempo per la
maggior parte in una società multiculturale. Ha capito che una buona
alimentazione e un po’ di arak risolvano molti problemi. Anche se vende
solo falafel et humus, ha aggiunto dell’alcool come riferimento visivo a
dei tempi migliori, come gesto di resistenza alla situazione attuale e
come presagio per ritornare a questa vita che lei aveva conosciuto ed
apprezzato, anche nelle situazioni difficili. Nel quartiere le vogliono
bene e anche se la parola alcool è scritta sulla sua scrivania, questo
fa sorridere gli altri abitanti del campo.

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Sul muro a destra: contro il diavolo rosso, blu e viola (un
riferimento ai Fratelli Musulmani, fatto da un generale egiziano alla
televisione nel 2013); sul muro a sinistra: Homeland è una barzelletta
che non fa ridere nessuno

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Homeland è razzista #gasewsew (un riferimento alla marionetta spiona egiziana Abla Fahita)

Nel corso del nostro incontro iniziale ci
hanno dato una serie di immagini di graffiti pro-Assad, che attualmente
circolerebbero in un campo di profughi siriani. Le nostre istruzioni
erano le seguenti: 1) i graffiti devono essere apolitici; 2) non siete
autorizzati a copiare delle immagini visto che altrimenti violereste il
diritto d’autore; 3) scrivere che Maometto è grande è evidentemente
concesso. Abbiamo dunque preso in considerazione degli slogan, dei
proverbi che si prestavano ad un’interpretazione critica e se
l’occasione si presentava delle critiche pesanti nei confronti della
serie. E siamo riusciti a raggiungere questo nostro obiettivo.

La decorazione del set doveva essere terminata entro due giorni
al fine di poter filmare il terzo giorno. I responsabili del set erano
troppo frenetici per prestare la minima attenzione a noi; visto che
erano completamente occupati a creare un set iperrealista, ove tutto era
previsto, dalle mollette di plastica fino ai bordi sfilati delle
tendine di plastica all’esterno. Il risultato assomigliava moltissimo
al Medio Oriente, un’illusione che il sole e il calore estivo rendevano
ancora più reale. Il contenuto di quello che avevamo scritto sui muri
non interessava assolutamente a nessuno. A loro avviso, la scrittura
araba è solo un aspetto visivo che dona un tocco finale ad una
rappresentazione orribile che si fa del Medio Oriente, ovvero l’immagine
che disumanizza un’intera regione, riducendola a dei personaggi
disumani, coperti da dei burqa scuri divenuti anch’essi, in questa
stagione, dei rifugiati. La trasmissione ha dunque stabilito un legame
di causa-effetto con gli arabi dall’inizio alla fine (le loro vittime e i loro aguzzini allo stesso tempo). Come stava scritto per un istante sulle mura di un campo di profughi siriani fittizio in una vecchia Futterphosphatfabrik (fabbrica di produzione di foraggio), nella periferia di Berlino, non ci si deve fidare della situazione – الموضوع فيه أن.



Gli artisti di strada arabi
Heba Amin
Caram Kapp
Stone


* La puntata col nostro intervento è andata in onda l’11 ottobre 2015 (Homeland, stagione 5, episodio 2).

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1001 calamità (Alf nila w’nila)
5_Homeland_SE05E02_13
Bachar
impara ripetendo (gioco di parole con il proverbio egiziano “L’asino
impara ripetendo”. “H’mar” (che in arabo significa asino) fa rima con
Bachar.
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Pronto a morire (nemout)
Alwatan3onsori

Homeland è razzista