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Dagli accordi di Oslo agli accordi per il Genocidio mondiale legalizzato

di Antonietta Chiodo, ProMosaik e.V. Italia

Il mese di Ottobre del 2015
solleva dubbi ed osservazioni su ciò che sta accadendo umanitariamente nel
mondo. Attivisti e teologi segnalano la loro preoccupazione riguardo alla
gestione della situazione in territorio palestinese. Si parte dallo sconcerto
di ciò che ha portato le sommosse di un popolo oppresso nei confronti del
governo israeliano, qualcuno l’ha definita Intifada dei coltelli, mentre chi
cammina in questo storico percorso sa che la storia di questi territori segnala
che si tratta solo della rabbia di un popolo che vive nell’oppressione da ben
settant’anni. 

Le dichiarazioni del
rappresentante palestinese Abbas lasciano stupiti e la credibilità dell’
organico che lo circonda perde sempre più la sua rilevanza. Infatti gli scontri
hanno portato sino ad oggi alla morte di 32 palestinesi. Questa sera del 15
ottobre 2015 un formoso gruppo di attivisti del web si prepara ad attaccare ad
un’ora ben stabilita organi di stampa pilotata e siti istituzionali. La guerra
si combatte a suon di mani veloci alle tastiere: ragazzini che lanciano pietre,
attivisti e cameramen alla corsa spietata dell’immagine da imprimere. Siamo
tutti qui ad attendere una reazione, mentre silenziosamente il potere tace e di
fronte alle telecamere assistiamo a strette di mano dai larghi sorrisi. Dal
primo ottobre le vittime palestinesi salgono a 32, mentre quelle israeliane a 7.
In un mio articolo recente ho accennato chiaramente le decisioni intraprese e
rese immediate nei confronti dei minori arrestati che verranno presi e portati
in carcere in attesa di un processo equo. E per equo in Israele si intende
bambini torturati da cavi elettrici a cui viene richiesto di firmare una
deposizione scritta in lingua ebraica. Preciso che tutto questo è chiaramente
documentato dalle associazioni internazionali per i diritti umani, che da mesi
chiedono un intervento dell’ONU, che ovviamente ha bisogno ancora di alcune
prove per comprendere la gravità della situazione, quando si tratta di Israele.



Lo Stato di Israele tra il
14 ed il 15 Ottobre 2015 dichiara apertamente la propria lotta al  terrorismo palestinese. Alcuni tg riportano
le parole del premier Netanyahu che si ritiene
estremamente preoccupato perché il
suo popolo non  ritiene di vivere una
vita serena e tranquilla. E questo fatto ieri sera ha portato alla decisone dal
gabinetto di sicurezza di non restituire più ai familiari i corpi dei
palestinesi uccisi dopo aver commesso attacchi. Saranno sepolti in segreto per
evitare funerali di massa e conseguenti proteste. Questo significa che potrà
accadere qualsiasi situazione sospettabile e non verrà richiesta alcuna
indagine sugli accadimenti che avranno portato alla morte di un essere umano in
situazioni al quanto sospette visto e considerato che si sta chiaramente
parlando di occultamento di cadavere.

Ieri in giornata erano in
migliaia ai funerali del giovane del 27enne Moataz Zawahre, del campo profughi
di Dheisheh, ucciso dall’esercito israeliano, colpendolo al petto durante gli
scontri a Betlemme. Il ragazzo è morto perché era un lanciatore di pietre. Ma
ciò che sta accadendo in questi ultimi giorni non si ferma qui: la tensione è
molto alta ed in tutto questo si susseguono la rabbia e l’incomprensione della
finta mediazione che fa spallucce. Il numero dei feriti dall’inizio degli
scontri sale a 3.730. Nablus, Betlemme e Hebron in Cisgiordania e Beit Hanoun e
il campo profughi di al-Bureij nella Striscia di Gaza sono le zone calde di
questi ultimi giorni. Il Jerusalem Post informa che molte zone saranno chiuse
ed impenetrabili per i palestinesi che dovranno recarsi al lavoro. Ricordiamo
che il settore edile di Gerusalemme sopravvive soprattutto grazie agli operai
palestinesi. Per questo poche ore dopo alcuni rappresentanti hanno chiarito che
potrebbero esserci ripensamenti.

Inoltre come se non bastasse
Kerry il rappresentante degli Stati Uniti d’America ha appena dichiarato prima
del suo viaggio in Medioriente per cercare un percorso di pace che “l’obiettivo
degli Stati Uniti nella regione è la soluzione a due stati”, la quale potrebbe
“essere portata via a tutti” se la violenza dovesse andare fuori controllo.
Kerry ha inoltre invitato tutti a “evitare dichiarazioni provocatorie” che
potrebbero “infiammare ulteriormente le tensioni”.Nel frattempo la Casa Bianca
segnala la propria intenzione di organizzare un incontro tra Abbas e Netanyahu
da tenere
in Giordania con la mediazione dello stesso Kerry, mentre L’ANP, dichiara che i
copri fuoco creati da ronde israeliane di controllo in alcuni quartieri
palestinesi della Cisgiordania sono “Benzina
sul fuoco”.