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Interview Campaign for Translators – Sara Salone from Italy


Sara
Salone
 si è laureata in Lingua e
Letteratura Romena alla facoltà di Lingue e Letterature Straniere
dell’Università degli Studi di Udine. Ha tradotto dal romeno alcune poesie di
Smaranda Vornicu e diversi racconti di Grigore Vieru in seno ad “Estroverso”,
il concorso internazionale di
traduzione di opere di
letteratura dell’infanzia dalle lingue dell’Est Europa
. Prima di tradurre il primo romanzo
della serie Andilandi, Il viaggio di Vlad
nel Mondo-di-là, ha ottenuto una borsa di studio per traduttori stranieri
dall’Istituto di Cultura Romena di Bucarest.

Milena Rampoldi: Quali sono i principali
problemi linguistici e interculturali che i traduttori devono affrontare nel
tradurre da e verso le lingue di loro competenza?
Sara Salone: Io traduco quasi
esclusivamente dal romeno all’italiano. Da un punto di vista prettamente
linguistico occorre fare attenzione alla consecutio temporum, che in romeno
manca ma che invece è indispensabile all’italiano; a volte c’è un diverso uso
della punteggiatura; da un punto di vista interculturale invece può capitare –
ma questo succede con tutte le lingue e culture – di incappare in parole
intraducibili, se non attraverso giri di parole, perché magari quella “cosa” in
italiano – e in Italia – non esiste.
MR: Secondo te, cosa è importante per
promuovere il dialogo interculturale?
SS: E’ importante conoscere le realtà che
ci circondano, solo con questa consapevolezza saremo in grado di abbattere i
pregiudizi e arricchire la nostra cultura.
MR: In che modo le traduzioni possono
migliorare la comunicazione fra le persone e promuovere la cultura
dell’integrazione e della pace?
SS: La traduzione rende fruibile la
conoscenza, indifferentemente dal tipo di testo. Permette di avvicinare la
gente alla parola scritta, qualunque essa sia, e a realtà spesso molto diverse
dalla nostra.

MR: Come puoi spiegare agli stranieri in che modo è differente la tua
lingua?
SS: Dipende molto a che tipo di parlante
lo devo spiegare. Da un punto di vista prettamente linguistico, sarà molto più
semplice descrivere l’italiano a un ispanofono rispetto ad uno slavofono.
MR: Quale pensi sia il miglior modo
possibile per insegnare la tua lingua a uno straniero?
SS: Non ho mai insegnato, ma da studente
credo che l’approccio migliore sia di imparare la lingua nel paese in cui viene
parlata. Bisogna vivere la lingua di tutti i giorni in tutti i suoi contesti e
sfumature.
MR: Quali sono i problemi principali che
incontri nel tradurre verso una lingua europea?
SS: Io traduco esclusivamente verso la mia
lingua materna, l’italiano. Credo che tradurre verso una lingua che non è la
nostra richieda una competenza notevole, non solo da un punto di vista
linguistico, ma anche da quello culturale. Per quanto riguarda la mia
combinazione, romeno-italiano, ciò che riscontro con più frequenza è appunto la
mancanza di consecutio temporum.
MR: Per te cosa significano consapevolezza
interculturale ed empatia interculturale?
SS: Siamo sempre molto poco inclini a
metterci nei panni dell’altro, perché la diversità fa paura e perché stiamo
bene nel nostro angolino comodo. Spesso è molto più semplice mettere in
evidenza le differenze che prendere in considerazione le qualità che ci
accomunano con altri popoli e altre culture. Accanto a ciò, una volta rilevate
le somiglianze, dobbiamo impegnarci a riconsiderare le differenze, che non
devono essere qualcosa che allontana, bensì uno spunto sempre nuovo di
riflessione, un’occasione per metterci in discussione e un invito ad accettare
l’altro senza (pre)giudizio.