General

Israele e le detenzioni degli innocenti – l’esempio di Samantha Comizzoli


di Antonietta Chiodo, ProMosaik e.V.
Tutti abbiamo dei
maestri lungo il nostro tragitto di vita, ci prendono per mano, per insegnarci,
avviarci o semplicemente raccontarci ciò che il mondo grida, parole che segnano
e lasciano immaginare i colori ed i profumi che avvolgono l’istante che muterà
un intera esistenza. 


Quel che per noi
occidentali spesso appare scontato in alcune zone del mondo segna utopie di
diritti svelati, rapiti, immagini che strappano la coscienza e la obbligano a
sedersi ed osservare bambini presi lungo le strade, fermati e scalciati come
sassi lungo una via, lasciandoli gridare il loro dolore a madri lontane e
spesso portate via dalla morte. 




Immagini e racconti
di un popolo in guerra, contro le bombe più pericolose, il potere e l’abuso
fisico e psicologico, costretti alla paura del domani, alla paura di giocare al
pallone sapendo che qualcuno prima o poi arriverà ma se diventi grande lungo
questo incubo disegnato da una mano che non puoi afferrare, sarai un adulto
coraggioso, un adulto che saprà per tutta la vita il valore di un istante. Mai
cancellerò le parole di un uomo palestinese, uno dei miei maestri, spesso
raccontava le sue giornate da ragazzo, costretto a studiare in stati diversi, perdendo
così una sua identità personale, le paure nascoste perché un uomo deve apparire
un leone per difendere il suo popolo e la sua terra, i suoi profumi e gli
ulivi. Uno dei primi insegnamenti fu di osservare, un giorno mi guardò
sorridendo immaginando il mio stupore:  
  
– Per conoscere
quel territorio ed il popolo palestinese e renderti conto di cosa significhi
davvero essere prigionieri, devi guardare le mani degli uomini che incontrerai
lungo la strada, se farai caso, a molti di loro mancano le unghie delle mani.
La polizia ha l’abitudine di portare via dalle loro case i capifamiglia e tra
le prime torture è di loro abitudine strappargli le unghie, poi ancora
lasciarli nudi in una stanza ustionando l’uomo in vari punti del corpo. Umiliarli,
deridendoli e minacciarli di portare via i loro bambini senza diritto ad un
supporto legale, se lo avrai, significa che sarai ancora vivo, ma non sarai
felice, perché vivo non significa libero. –


Uomini che vengono
prelevati e portati via senza giusta causa a periodi alterni, lasciando le
donne ed i bambini a cavarsela da soli. Uomini che sanno che l’indomani è un
giorno che non sai dove lo passerai e se … lo passerai.
L’incognita della
libertà
Parleremo
dell’esperienza di Samantha Comizzoli e la descriveremo in breve per chi non la
conosce, nasce in Italia a Galliate, Novara, cresce ispirata da una sua libertà
interiore ed il bisogno di viaggiare che la porterà in Palestina fino ad oggi.
Inizia già dalle superiori ad avvicinarsi alla lotta politica, milita poi nella
F.I.G.C. per un breve periodo. Ha vissuto per brevi periodi in Costarica,
Egitto e Messico, per poi terminare in terra palestinese rientrando in
territorio italiano perché espulsa dallo stato di Israele come ospite indesiderato
ed a causa di un visto che lei lasciò scadere tempo prima del suo arresto.


Poco più di un mese fa mi ritrovai a seguire personalmente la scarcerazione
dell’attivista italiana Samantha Comizzoli detenuta dallo stato di Israele a
causa delle sue riprese video a testimone dell’usurpazione dei diritti umani
soprattutto nei confronti di centinaia di bambini palestinesi. Poco tempo prima
dell’accaduto iniziò il tour del suo video denuncia “Israele il cancro”,
un tour al quanto complesso a causa di continui boicottaggi da parte di varie
città italiane, questo portò alla cancellazione di parecchi appuntamenti, ma
non riuscirono a frenare la passione e l’utopia che ha portato i suoi
collaboratori a divulgare la sua voce e quella di un popolo ferito. 


Per avere le idee più chiare per quanto riguarda l’atteggiamento di questo
stato nei confronti di chi si delinea di idea differente dalla sua, sarebbe
bene rammentare ciò che accadde nel 2010, durante la scarcerazione di alcuni
attivisti italiani che vide una storica e triste dichiarazione del presidente
degli stati Uniti d’America, Obama:
– E’ importante trovare modi migliori per fornire aiuti alla popolazione di
Gaza, senza mettere in pericolo la sicurezza d’Israele.-
Indelebile inoltre l’aggressione subita dalla Freedom Flottilia da parte
del governo israeliano nella cui situazione il consiglio dell’ONU presentò un
testo per la richiesta di una commissione d’inchiesta per violazione dei
diritti umani. Come in molti altri casi, il governo italiano appoggiò la violenza
votando contro ed affossando anche questa possibilità che giustizia finalmente
fosse fatta. 


Similare il caso che trova coinvolta Samantha Comizzoli lasciando sola una
donna privata dei propri diritti solo per aver divulgato la verità.
Samantha ha subito la detenzione di Israele per una intera settimana nel
mese di Giugno 2015 subendo pesanti pressioni psicologiche, alcuni lettori
ricorderanno anche lo sciopero della fame, nella speranza della liberazione dei
trecento bambini detenuti illegalmente nelle carceri israeliane, costretti a
subire abusi fisici e sessuali provati da alcune commissioni di note
associazioni per i diritti umani anche site in territorio sionista.
Il 12 Giugno 2015 l’attivista venne prelevata in maniera al quanto brusca
dal taxi su cui viaggiava a pochi chilometri dalla città di Nablus, venendole
negata nelle prime ore di detenzione la possibilità di comunicare con il
consolato italiano o un legale di fiducia. Passò molte ore di quei giorni in
isolamento tra la paura e l’incertezza di ciò che le sarebbe potuto accadere,
come uno spettro o qualcosa di distaccato dal mondo terreno a cui non fu
permesso comprendere ciò che in realtà era semplicemente un diritto negato ad
un semplice cittadino del mondo da uno stato potente. 


Nel frattempo non solo la psiche di Samantha veniva messa sotto pressione,
ma anche il suo essere donna, subendo perquisizioni fisiche senza potersi
ovviamente appellare ad una mera possibilità che questo abuso fosse evitato.
Venne finalmente rimpatriata donandoci un altro momento indimenticabile,
pochi amici e nessun giornalista italiano ad attenderla all’ aeroporto di Fiumicino, Roma, numerosi poliziotti in borghese che si accinsero a recuperare
i dati personali delle persone presenti. Pochi secondi dopo l’atterraggio la
donna scese finalmente dall’ aereo, venendo prelevata nuovamente per essere
interrogata altre ore ancora.


Personalmente non potrò mai comprendere il gelo interiore che per tutta la
vita ci si porti dentro, ma sento di comprendere la delusione che Samantha può
aver provato sentendosi tradita dallo stesso stato in cui è nata ed in cui ha
vissuto i suoi momenti indelebili familiari e della sua infanzia. Lo stesso
paese che in TV vede scorrere quelle pubblicità progresso per la tutela delle donne
e dell’infanzia, quell’infanzia che in paesi come la Palestina viene negata in
cui chi cerca di difenderla viene eletto a nemico, lo stesso nemico che per
principio va eliminato, usurpato e possibilmente reso inerme dalle armi socio-politiche
che i potenti sanno usare piuttosto bene.

Ecco le nostre fonti,
inviate direttamente da Samantha:
“Quest’intervista video è
stata fatta poche ore dopo il mio arrivo a Fiumicino:
Ma la memoria, si sa, a
volte cancella e fa riaffiorare in un secondo tempo dettagli e particolari..
quindi, dopo ho scritto questi: