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In occasione del Giorno dell’Indipendenza, un operatore Telecom indiano inventa il selfie patriottico


G Sampath


Übersetzt von 
Milena Rampoldi



Herausgegeben von 
Fausto Giudice Фаусто Джудиче فاوستو جيوديشي


I
beneficiari del patriottismo del selfie sono gli interessi commerciali e
la legittimità coercitiva dello Stato-Nazione — non gli jawans*, nel nome dei quali viene condotta la campagna. 






Una vignetta dell’artista Pierre Brignaud lo scorso mese ha fatto
il giro del mondo su Facebook. Rappresentava una massa di persone che
stava galleggiando sul mare aperto. Tutti hanno il cellulare acceso e
alzano le braccia dall’acqua, elevando anche numerosi periscopi. Tutti
scattano dei selfie. All’orizzonte si profila una gigantesca nave di Titanic mezza sommersa nelle acque, volta a sparire completamente per cadere nell’oblio delle acque dell’Atlantico. 




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La vignetta di Brignaud ha vinto un premio per il suo umorismo
nero. Per andare sul sicuro, lo spostamento cronologico della mania dei
selfie verso un avvenimento di un secolo fa è estremo, infatti è
assurdo. Ma fa divertire proprio perché si basa su una verità
fondamentale.

Le persone che stanno pubblicando i loro selfie sui social media,
anche se oramai la loro vita, racchiusa in quella nave gigantesca, sta
per finire, è una metafora appropriata per esprimere il fascino ipnotico
del paradiso digitale che sembra avere abitanti di una civiltà
tecnofila alla sua mercé, anche se il mondo è minacciato dal pericolo di
affondare letteralmente e non solo a causa del riscaldamento globale.

Mettendo da parte la psicologia sociale, il selfie è diventato uno
strumento tecnologico comodo che puo servire varie agenda, incluso
quella ideologica della costruzione della coscienza nazionale. Si tratta
di una delle ultime invenzioni tecnologiche che hanno sostenuto il
progetto senza fine di forgiare la coscienza nazionale.

Se mettessimo tra parentesi le tecnologie moderne della
comunicazione e dell’amministrazione, sparirebbe anche il sentimento
individuale dell’identità nazionale, lasciandolo dietro di sé. In questo
modo si manterrebbe piuttosto la propria identità sociale, rifacendosi
alle relazioni comunitarie vissute piuttosto che ai simbolismi astratti.

Un patriottismo cospicuo 


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Nel suo libro Conspicuous Compassion, il giornalista
britannico Patrick West spiega “che la visualizzazione pubblica
drammatica” di una tematica non serve a risolvere la questione in modo
mirato. Si tratta invece più che altro della “proiezione del proprio
io”.

Quello che West dice della “compassione cospicua” si può anche
applicare alle esternazioni del patriottismo cospicuo che ci domina
costantemente, in particolare in occasioni come quella di oggi.
Un tale intervento simbolico in occasione della  Giornata
dell’Indipendenza, finalizzato ad una diffusione grandiosa del
patriottismo cospicuo, è senza dubbio il #SaluteSelfie hashtag nei social media.
Il tutto è stato proposto da un’azienda di telecomunicazione **
— che aveva annunciato l’accesso gratuito a Twitter per una settimana
fino al 15 agosto. Si tratta di una campagna patriottica che esorta
tutti i cittadini “a sostenere le forze armate”, scattando un
#SaluteSelfie (una foto di te stesso facendo il saluto) per poi
inserirla su twitter o pubblicarla come immagine del tuo profilo.
La squadra di VIP che già hanno sostenuto le forze armate indiane,
pubblicando “salute selfies” include Amitabh Bachchan, Shah Rukh Khan,
Anil Kapoor, Saina Nehwal e Virender Sehwag***. Agendo in questo modo
hanno dimostrato in pubblico di essere patrioti. Hanno anche inserito
altri nelle loro reti, esercitando una certa pressione sociale su di
loro affinché autodichiarino il loro patriottismo.

Il rifugio del povero
Quello che comunque questi “salute selfiers” non saranno in grado
di fare, è di cambiare le vite degli jawans* indiani. Se questo vuoto
simbolismo patriottico del #SaluteSelfie riveste veramente un’importanza
ideologica, è perché nega una realtà oramai nota: per la maggior parte
degli jawans, infatti l’esercito non era una scelta di carriera, ma il
modo migliore per uscire dalla povertà.
Nella storia, le élite sociali riuscirono infatti ad aumentare il
loro prestigio, servendo nei quadri superiori dell’esercito. Comunque in
quasi tutti i paesi che hanno un esercito permanente esteso le forze
combattenti provengono dalle classi povere.
Ecco il motivo per cui paesi quali gli USA e l’Australia nei loro
eserciti accettano anche migranti per motivi economici, promettendo loro
la cittadinanza. In questo contesto, il precedente usamericano, oramai
divenuto in un certo senso l’anima gemella geopolitica e il modello di
riferimento nazionalista dei falconi indiani influenti, costituisce una
vera rivelazione.
Per quanto riguarda il ministero della difesa usamericano, si
considerino i seguenti dati del 2008: 65.000 immigrati servivano
attivamente le forze armate, ovvero il 5% di tutto il personale in
servizio attivo. Ogni anni, si arruolano 8.000 persone senza
cittadinanza usamericana. Dunque è comprensibile che per le élite
politiche, cartterizzate dai loro legami stretti col capitale nazionale,
il patriottismo sia indispensabile.
Possiamo smontare come segue le mistificazioni del patriottismo selfie:
  • Chi scatta il selfie allo stesso tempo è produttore e
    consumatore. Nel contesto della procedura dello scatto di un
    “salute selfie”, si crea – o inscena – una persona patriottica.
    Questo io patriottico mediante la conferma da parte dello sguardo
    pubblico dei social media ottiene un’aggiunta di valore. Chi scatta il
    selfie, si compiace di consumare questa persona con aggiunta di
    valore, e mettendolo su twitter, incrementa il proprio capitale
    sociale attraverso una visibilità opportunistica offerta dai
    circuiti di diffusione patriottica.
  • La campagna #Saluteselfie, inducendo le persone “a mostrare la
    propria gratitudine nei confronti degli jawans, che pattugliano i
    confini della nostra nazione”, compie un’importante operazione
    ideologica: nello spazio civile pubblico dei social media e in
    tempi di pace, mobilizza e normalizza una concezione militarista
    del patriottismo.
Quello che conta per questo marchio patriottico è il territorio da
controllare da parte dell’esercito, e non tanto i cittadini residenti in
quel territorio, molti dei quali magari hanno bisogno urgente di un
assistenza che non sia di tipo militare.
Per questo non è affatto una contraddizione, per un esercito
patriottico essere disposti a morire per proteggere i confini del
proprio territorio e allo stesso essere pronti d uccidere i propri
cittadini, se si riceve l’ordine di farlo. È in questo modo che
funzionava l’esercito indiano in epoca britannica, e con l’indipendenza
non è cambiato nulla.
In altre parole, la “Nazione” dell’ideologia nazionalista è
innanzitutto una proprietà (un territorio), non un popolo. Ma il vero
contenuto del nazionalismo avrebbe una forza di trazione limitata in un
popolo a maggioranza senza proprietà terriera e sarebbe solo un vuoto
simbolismo patriotico.  
La campagna “salute selfie” fa parte dei trucchi di marketing
intelligente che trasferisce la produzione di massa, la distribuzione e
il consumo di un’identità nazionale patriottica e militarista ai
cittadini stessi, per mezzo del cosiddetto consumo collaborativo i
Internet.
In questo contesto si ritrova una duplice ironia. Innanzitutto i
veri beneficiari di questo auto-patriottismo sono l’azienda che c’è
dietro, l’immagine pubblicitaria delle celebrità sui social media e la
legittimità coercitiva dello Stato Nazione – e non gli jawans, nel nome
dei quali si esegue il tutto. In secondo luogo, anche se un nazionalismo
di questo tipo potrebbe essere utile a livello pragmatico nelle
relazioni con gli altri Stati nazione, crederci o investire la propria
identità in esso, è un elementare stupidaggine. Infatti la sovranità
nazionale viene costantemente calpestata dal capitale finanziario
transnazionale nelle nazioni dipendenti dagli investimenti diretti
stranieri che pensano non sia affatto un problema parcellare i propri
pezzi di terra come “territorio stranieri” (anche conosciuti come
SEZ/EPZ (Zone economiche speciali/Zone industriali di esportazione)), in cui le leggi nazionali neppure si applicano.
Infatti è interessante notare come la logica del nazionalismo si
ritrova raramente nelle decisioni prese dai finanziatori. Forse in
occasione della Giornata dell’Indipendenza noi tutti potremmo imparare
qualcosa sugli investitori miliardari (molti dei quali per noi sono già
dei modelli di ruolo) che sono tutti cittadini del mondo decisi e
intelligentissimi, che non si fanno impressionare da confini nazionali o
barriere di nessun tipo. Ma questo non significa che non li puoi
beccare pubblicando un “salute selfie”.
Note di Tlaxcala:
 

*Jawan: un soldato junior (soprattutto un soldato di fanteria) in
Asia meridionale; il termine deriva dal persiano e letteralmente
significa “giovane” in diverse lingue dell’Asia meridionale. Jai Jawan
Jai Kisan (“Viva il soldato, viva il contadino”) era uno slogan forgiato
dal Primo Ministro indiano Lal Bahadur Shastri nel 1965 in occasione di
un incontro pubblico per entusiasmare i soldati a difendere l’India
(contro il Pakistan) ed incoraggiare i contadini per impegnarsi al
massimo per aumentare la produzione di cereali per ridurre la dipendenza
dalle importazioni. Divenne uno slogan molto popolare.

**Il Reliance Group è un conglomerato, con sede centrale a Navi Mumbai, India, con un patrimonio netto di 1800 miliardi di
(25 miliardi di €). Il gruppo è presente in molti settori economici in
tutta l’India, inclusi la tecnologia, i servizi finanziari, il settore
edile, l’ambito dell’intrattenimento, i media, il settore immobiliare,
l’energia, la sanità, il settore produttivo, l’aviazione, le risorse
naturali, beni alimentari e bevande, servizi di ospitalità, trasporti e
logistica.

*** Amitabh Bachchan: attore di cinema, produttore e politico ; Shah Rukh Khan: attore di cinema chiamato “King Khan”; Anil Kapoor: attore e produttore di cinema, appartiene a una delle famiglie le più importanti di Bollywood; Saina Nehwal: giocatrice professionale di badminton; Virender Sehwag: giocatore internazionale di cricket.