General

Un sincero ringraziamento al giornalista Massimiliano Boschi del Corriere del Trentino

Buongiorno dalla redazione italiana di ProMosaik e.V.,

vorremmo esprimere da parte di tutta la nostra equipe dell’associazione ProMosaik e.V. un sincero ringraziamento al giornalista Massimiliano Boschi del Corriere del Trentino per la pubblicazione nell’edizione di ieri di un articolo sul nostro impegno per il dialogo interculturale ed interreligioso.

Massimiliano Boschi ha dimostrato di essere un giornalista impegnato e serissimo.

Grazie!!

L’equipe di ProMosaik e.V.

Sarah Meyer
Dr. phil. Milena Rampoldi
Aygun Uzunlar
Ahmet Demir


Corriere
del Trentino,
Martedì 2 Giugno 2015
L‘autrice
Milena Rampoldi e l’impegno nel dialogo interreligioso in Germania: «Nascere in
Alto Adige mi ha insegnato ad aprirmi alle culture del mondo»
Costruire ponti di pace
Non è facile trovare
una definizione per Milena Rampoldi. Nata a Bolzano,
dove è rimasta fino ai
19 anni, ha studiato teologia, pedagogia, e filosofie
orientali a Verona e
Venezia e ha proseguito con un dottorato sul tema della didattica
arabofona del Corano a
Vienna. Attualmente si occupa di storia e religione islamica, di
questioni politiche e
umanitarie, di femminismo e di storia medio-orientale e africana, temi su cui
ha pubblicato numerosi
saggi. Solo negli ultimi tre anni ha curato o tradotto oltre trenta lavori e
scritto decine di
articoli, tra le pubblicazioni in italiano
I Corsari.
Mediterraneo barbaresco, Ottomani ed Europa
e René Guénon e la
critica della modernità
, entrambi per il Gruppo Edicom di
Cerro Maggiore mentre,
tra quelle in inglese, l’anno passato ha curato la traduzione di
Female
Sovereigns in Islamic States
scritto da Bahriye Üçok, giornalista e
attivista turca uccisa nell’ottobre 1990 da un pacchetto bomba inviatole a
casa. Attualmente dirige l’associazione per il dialogo interculturale e
interreligioso «ProMosaik e.V.», fondata in Germania l’anno passato. È di
religione islamica e marxista e se l’attivismo è «un impegno continuo e appassionato
per produrre un cambiamento sociale o politico», bene, allora Milena è
innanzitutto un’attivista.
Non torna in Alto
Adige da dieci anni e, raggiunta telefonicamente mentre si trovava a Istanbul,
ha immediatamente
mostrato tutta l’energia e la vitalità necessarie per un curriculum come
quello appena citato e
in cui manca una parte essenziale:
le sue conoscenze
linguistiche. Milena Rampoldi parla, infatti, tedesco, italiano, inglese,
francese e spagnolo,
arabo, turco, bosniaco e pure un po’ di olandese.
Il suo è un percorso
interculturale e plurilingue, quanto ha influito essere nata in Alto Adige/ Südtirol?
«Vengo da una famiglia
bilingue e essere nata in una zona di frontiera ha indubbiamente influito.
Ciò, da una parte mi
ha aiutato ad aprirmi alle altre culture, dall’altra mi ha spinto ad andarmene
da un luogo in cui
italiani e tedeschi erano in continuo conflitto. Una provincia in cui dovevo
decidere a quale gruppo etnico appartenere e che mi chiedeva, quindi, di
scegliere tra madre e padre.
Ho vissuto come una
liberazione l’uscita da questo villaggio, ho iniziato a viaggiare, ho
partecipato alle manifestazioni contro la guerra del Golfo e ho abbandonato la
religione cattolica per convertirmi all’Islam. Si può dire che l’essere nata in
Alto Adige mi abbia indirizzato alle lotte contro le discriminazioni e per una
società più aperta che accetti la diversità. ProMosaik, già dal nome, lavora per
questo: per ricomporre e apprezzare le differenze.
Ricordando che non c’è
pace senza giustizia ».
Per comprendere l’altro
è necessario parlare la sua lingua?
«La lingua è
fondamentale per l’incontro con l’altro perché permette di comprendere le sue
sollecitazioni e di strutturarsi come persona. Ogni lingua mi apre un mondo
nuovo e il messaggio
che mando è ciò che
sono. Non significa che dobbiamo parlare tutte le lingue, l’importante è
comprendersi.
Anche in Alto Adige
auspico si faccia così, che italiani e tedeschi parlino la rispettiva
lingua madre ma si
capiscano. Io dialogo con tutti, anche e soprattutto con chi la pensa in
maniera molto diversa da me».
In alcuni suoi scritti
si scaglia contro la «pseudo tolleranza». Cosa intende?
«Non sopporto più il
vogliamoci bene, il porgi l’altra guancia e l’ama il prossimo tuo come te
stesso, senza riflessione preliminare. Certi principi non si possono imporre, è
un atteggiamento ipocrita che non funziona, serve comprendere l’altro e
confrontarsi con lui. La sinistra, alla quale mi sento comunque legata, è molto
ideologizzata, dialoga molto al proprio interno e poco con
l’esterno. Per
esempio, non parla con i razzisti e con i fascisti, allora come pensa di
cambiare le loro opinioni? Credo che ognuno debba identificare il proprio
potenziale discriminatorio e la propria paura dell’altro, anche se si considera
tollerante.
Detto ciò, in Europa
si parla troppo di accoglienza in maniera distorta. Mentre l’Unione Europea
discute di quote di ingressi, la Turchia ha accolto più di un milione e mezzo
di profughi siriani».
Lei si definisce islamica
e marxista. Sono visioni conciliabili?
«Troppe persone
pensano che l’Islam sia quello che descrivono i media che, in realtà,
preferiscono far parlare gli estremisti dalle lunghe barbe.
Sì, personalmente sono
islamica e marxista e nell’Islam ho visto la lotta per la giustizia sociale. La
considero una
religione profondamente egalitaria, antirazzista e aperta, l’Islam non è
l’Isis».
Ma anche negli Stati
più ricchi, per esempio in Arabia Saudita, il rispetto dei diritti umani, soprattutto
femminili è piuttosto scarso.
«È vero che serve
autocritica. Le interpretazioni riduzioniste e misogine vanno combattute con
forza, partendo
dall’interno della comunità musulmana.
L’Islam non è più ciò
che era, i Paesi islamici stanno attraversando una profonda crisi culturale,
ma si tratta di
ricostruire. Serve un illuminismo islamico che cancelli la mutilazione genitale
(nel nome del diritto
della donna musulmana al soddisfacimento sessuale) e altre aberrazioni
quali la schiavitù e
l’oppressione che ancora sono diffuse nei Paesi islamici. Credo che i
convertiti
occidentali abbiano
oggi il compito di fungere da ponte tra l’Islam e il mondo occidentale, ma
anche di combattere il neoimperialismo occidentale nei Paesi islamici. In
Occidente sono ancora troppo pochi coloro che vogliono conoscere la religione islamica
e non si accontentano della riduzione che ne fanno i media, la realtà è molto
diversa. Infine, credo che il Mediterraneo sia uno spazio di unione tra l’Islam
e il Cristianesimo, non solo caratterizzato dalle guerre interreligiose, ma
anche da una simbiosi interculturale e interreligiosa, una tematica
affascinante che ho cercato di mettere in rilievo in alcuni miei libri, come
quello sui corsari del Mediterraneo nel Cinquecento e nei saggi sulla Spagna
musulmana».
Un articolo di
Massimiliano Boschi