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Unser Projekt 10 – Dr. phil. Milena Rampoldi: I Corsari Mediterraneo Barbaresco Ottomani ed Europa

Liebe Leserinnen und Leser,


anbei ein weiteres Projekt von ProMosaik zum Thema der interkulturellen und interreligiösen Beziehungen in der Geschichte. Schauplatz ist das Mittelmeer des 16. Jahrhunderts, in dem Venedig, Spanien und die Osmanen, Christentum und Islam, in der Korsarenstaaten Nordafrikas zusammentreffen.
Eine interessante Lektüre, um sich der zahlreichen Begegnungen bewusst zu werden, die es in der Geschichte zwischen Christentum und Islam gab. 


Wie wichtig der Dialog zwischen diesen beiden großen Weltreligionen zwecks Sicherung des Friedens ist, liegt angesichts der aktuellen Weltpolitik auf der Hand.


Wir freuen uns auf Ihre Zuschriften
danke!!
 
Die Redaktion von ProMosaik


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 In quest’opera l’autrice che da anni si occupa di studi
arabi ed islamici affronta una tematica storica avvincente riguardante il
Mediterraneo del Cinquecento, uno spazio dinamico e pieno di contatti e
conflitti interculturali e interreligiosi, attraverso i quali diviene possibile
riprendere oggi il discorso del dialogo interculturale e interreligioso a
partire dalla storia. Noi dell’associazione ProMosaik siamo fermamente
convinti dell’importanza dell’approccio storico per riaffermare l’unità del
Mediterraneo quale spazio interculturale e interreligioso oggi come allora.  
 

Ecco l’introduzione dell’opera in cui la Dr. Rampoldi
riassume le tematiche fonda-mentali ici affrontate:



“In
questo lavoro tenteremo di proporre una panoramica generale della realtà
politica, economica e sociale dei Paesi del Maghreb nel corso del secolo
sedicesimo, il primo dell’età moderna nel Mediterraneo.

Nel primo
capitolo perseguiremo innanzitutto lo scopo di tracciare la fondazione e la
strutturazione del primo Stato corsaro barbaresco ad opera di Hayr ad-Din,
detto il Barbarossa, corsaro levantino originario dall’isola greca di Lesvos,
trasferitosi ad Algeri
agli
inizi del Cinquecento, il quale conquistò Algeri, sottomettendosi poi come
vassallo al Sultano di Istanbul, divenendo ammiraglio della flotta ottomana e
governatore della Algeri barbaresca.
Evidenzieremo
in primo luogo i tratti salienti della biografia di Hayr ad-Din e dei suoi
successi militari per poi trattare dell’organizzazione politica e militare
interna a questi Stati caratterizzati da un forte spirito autonomistico ed
indipendentista all’interno dell’Impero Ottomano. Per quanto concerne il Cinquecento,
comunque, ci troviamo agli inizi di un progressivo distacco dal controllo del
Sultano, situazione che si rafforzerà ulteriormente nel corso dei due secoli a
venire.
Dal punto
di vista del paradigma storiografico da noi adottato nel corso di queste
riflessioni, abbiamo cercato di evitare da una parte l’eurocentrismo
“orientalista”, come lo denomina lo studioso palestinese Edward Said nel suo
famoso saggio Orientalism; dall’altra però cerchiamo anche di
evidenziare con forza come il paradigma teologocentrico si riveli non solo
carente, ma anche aberrante, se si vuole fornire una spiegazione realistica
delle lotte intramediterranee del secolo sedicesimo. Partendo da questa
motivazione storiografica e paradigmatica di fondo, nel secondo capitolo tratteremo
di due eventi storici fondamentali del secolo in questione. In primo luogo
analizzeremo l’assedio ottomano di Malta del 1565, evidenziando
fondamentalmente da una parte l’apporto militare e strategico fornito dai
barbareschi maghrebini all’azione militare ottomana, e dall’altra fornendo
alcune indicazioni riguardanti la guerra di corsa cristiana dei maltesi
e la loro ideologia di crociata ormai tramontata e trasformatasi in volontà di
dominio territoriale.
Nel
secondo paragrafo di questo capitolo affronteremo poi la battaglia di Lepanto
del 1571, secondo un paradigma che si distacca dal teologocentrismo, che
considera la battaglia uno scontro religioso, mentre siamo invece fermamente
convinti che il materialismo e il pragmatismo storiografico forniscano delle risposte
ben più valide riguardo a questo scontro navale, che segnò l’inizio del declino
della potenza ottomana nel Mar Mediterraneo e lo spostamento degli interessi
spagnoli dal Mediterraneo verso l’Oceano Atlantico.
Metteremo
in risalto come la pace mediterranea, che fu il risultato di questi sviluppi,
significò il trionfo della guerra di corsa rispetto alle grandi guerre
tra le potenze spagnola da una parte
e
ottomana dall’altra, nel contesto del Mediterraneo cinquecentesco.
Gli
scontri avvenuti a Malta e a Lepanto, secondo la nostra chiave di lettura, non
vanno collocati all’interno di un quadro manicheo di contrapposizioni religiose
tra Islam-gihad e Cristianesimo-Crociata. Vanno invece visti in una nuova
prospettiva che si avvicina da un lato alla visione della storia presentata da Niccolò
Machiavelli nel suo Principe, e dall’altro a quella del materialismo e
del pragmatismo applicati alla ricerca storica.
Un
contributo fondamentale alla comprensione storiografica degli Stati barbareschi
del Cinquecento e del loro rapporto con la potenza spagnola cattolica e con
quella ottomana, viene fornito dall’opera monumentale dello storico francese
contemporaneo Fernand Braudel, La Mediterranée et le monde mediterranéen à
l’époque de Philippe II
, nella quale l’autore afferma ampiamente anche un
punto di vista storico-geografico, che la storiografia sul Mediterraneo
cinquecentesco deve riuscire a far suo.
Anche noi
siamo fermamente convinti del fatto che solo partendo da coordinate temporali
ed insieme topografiche e geodinamiche nel senso dello storico anglosassone
John Wansbrough e mai da una visione statica e dualistica quale quella dello
storico belga Henri Pirenne, si possa cogliere il Mediterraneo cinquecentesco in
tutta la sua complessità.
Il
capitolo terzo sarà incentrato sullo sviluppo delle altre due maggiori città
barbaresche, Tunisi e Tripoli, che si svilupparono quasi mezzo secolo più tardi
rispetto ad Algeri.
Abbiamo
deciso di esporre in modo globale lo sviluppo storico delle due città al fine
di riuscire a mettere in risalto alcune delle costanti presenti nell’evoluzione
generale degli Stati barbareschi del Cinquecento.
Di
conseguenza, in primo luogo, cercheremo di dimostrare l’aspetto urbanocentrico
degli Stati corsari e dei territori conquistati dagli Ottomani in generale, in
quanto essi non controllavano mai un’intera regione, ma solo le sue città
principali, fondamentali dal punto di vista strategico, come era il caso delle
città portuali.
“Stato
corsaro”, come anche “Stato corsaro vassallo dell’Impero Ottomano” non
significò dunque mai il pieno controllo del territorio maghrebino da parte del
Sultano.
Il
Maghreb ottomano-barbaresco costituì di conseguenza solo una parte della
variegata e dinamica realtà etnica, economica e sociale del Maghreb del
Cinquecento.
Vedremo
dunque come il Cinquecento ottomano fu caratterizzato da una parte da grandi ed
audaci corsari, quali Hayr ad-Din, suo fratello ‘Arug, Uluç Ali e Turgud reis,
e dall’altra dalle città maghrebine in dinamica espansione dal punto di vista
economico.
Come
cercheremo di evidenziare, sulla base degli studi condotti dallo storico
dell’economia Ciro Manca, il Cinquecento delle città barbaresche rappresentò
un’epoca in cui l’economia maghrebina si orientò in misura sempre crescente
verso l’Europa mediterranea.
Gli
scambi tra le due sponde del Mediterraneo, generati dalla guerra di corsa e
dalla pirateria, distinte dal punto di vista giuridico, come rilevato dagli
studi dello storico italiano Salvatore Bono, ma allo stesso tempo simili e
spesso in interazione fino a confondersi l’una con l’altra, erano massicci.
In
seguito, nel quarto capitolo, perseguiremo l’obiettivo di descrivere questa
infinita complessità di scambi di beni e di commercio di schiavi sia musulmani
che cristiani.
In questo
contesto ci concentreremo comunque su due fenomeni di estrema rilevanza
socio-economica sulla base dell’esempio di Algeri. In primo luogo, affronteremo
la tematica della schiavitù nelle città barbaresche a partire dalla figura di
un famoso schiavo presente ad Algeri negli anni tra il 1575 e il 1580: il poeta
e romanziere spagnolo Miguel Cervantes de Saavedra, che in numerosi passaggi
delle sue opere descrisse Algeri e i suoi schiavi.
Successivamente
vedremo il voltafaccia della schiavitù subita, visibile nei personaggi
“rinnegati”, gli hombres de frontera, come li chiama lo storico spagnolo
contemporaneo Emilio Sola, schiavi che furono liberati all’indomani della loro
conversione all’Islam e in seguito riuscirono ad intraprendere una lungimirante
carriera come capitani corsari nelle città barbaresche.
Nel
capitolo finale abbozzeremo un quadro generale della lingua franca barbaresca,
ancora poco indagata dalla linguistica storica contemporanea, ma a nostro avviso
di grande importanza in quanto risultato fondamentale del dinamico processo
storico non solo del secolo in questione, ma anche del periodo medievale che lo
precedette.
Nell’appendice
a questo capitolo citeremo dei documenti in lingua franca, da noi tradotti in
lingua italiana, proponendo un’analisi concreta del lessico, della morfologia e
della sintassi di questo idioma mediterraneo, sviluppatosi attraverso
l’incontro di diverse lingue sia neolatine, che semitiche e turcofone.
Infine,
in appendice ai paragrafi concernenti le città barbaresche di Tunisi e Tripoli,
proporremo delle traduzioni dall’arabo di testi riguardanti il Cinquecento
barbaresco in alcuni suoi aspetti a nostro avviso rilevanti.”
Il mondo è variopinto.
Il mondo è un grande
mosaico pieno di colori, composto di moltissimi sassi diversi collegati tra
loro per mezzo di ponti interculturali e interreligiosi.